
Meloni con Zelensky, Starmer e Von der Leyen - Palazzo Chigi
Edi Rama, rieletto premier albanese, replica la scenetta con cui è solito salutare Giorgia Meloni ai meeting internazionali: si mette platealmente in ginocchio e con le braccia larghe accoglie la leader cui più si sente legato in Europa. Sebbene la premier, da lontano, passeggiando sul tappeto rosso, gesticoli visibilmente come a dire “ma che fai?”. Avvicinatasi, la premier lo rimprovera bonariamente: "Fallo solo quando siamo io e te".
Von der Leyen: nuove sanzioni a Mosca
Un momento di ilarità e leggerezza all’inizio di un vertice della Comunità politica europea (47 delegazioni presenti) che, come da previsioni, si rivela teso, specie per le notizie che giungono da Istanbul. A Tirana c’è anche Volodymir Zelensky, scortato dallo stesso Rama sin dentro l’International Hotel, per tenerlo al riparo dalle domande dei giornalisti. Cui non si sottrae, invece, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, che mette subito il timbro sull’incontro di Tirana: “Negli ultimi giorni – dice - abbiamo potuto assistere al vero credo di Putin. Non vuole la pace, quindi dobbiamo aumentare la pressione, ed è per questo che stiamo lavorando a un nuovo pacchetto di sanzioni". Un pacchetto che “includerà, ad esempio, sanzioni per il Nord Stream 1 e il Nord Stream 2. Prevederà anche l'inserimento di un maggior numero di navi della flotta ombra russa, nonché l'abbassamento del tetto massimo del prezzo del petrolio, e includerà ulteriori sanzioni al settore finanziario in Russia. Per noi è importante volere la pace e quindi dobbiamo aumentare la pressione sul presidente Putin finché non sarà pronto per la pace", ha aggiunto. Si tratta del 18esimo pacchetto di sanzioni.
Meloni, colloquio con Zelensky e Von der Leyen: si è capito chi non vuole la pace...
La premier italiana Giorgia Meloni non parla delle nuove sanzioni, ma è allineata all’idea che quanto sta accadendo a Istanbul abbia dimostrato il vero volto di Putin. “Abbiamo visto nelle ultime ore, rispetto a una certa propaganda, chi sia disponibile a fare dei passi importanti a favore della pace e chi invece meno disponibile. Penso però che non dobbiamo gettare la spugna, dobbiamo insistere per un cessate il fuoco incondizionato e per un accordo di pace serio che preveda garanzie di sicurezza per l'Ucraina. E continuiamo a lavorare per questo obiettivo".
I "volenterosi" (senza Meloni) sentono Trump: risposte coordinate
Entrando poi all’interno dell’International Hotel, Meloni si avvicina a Von der Leyen e, insieme al leader britannico Keir Starmer, al polacco Donald Tusk e allo stesso Zelensky, si isolano per una sorta di vertice informale. Proprio in quel momento passeggiava sul tappeto rosso d’ingresso il presidente francese Emmanuel Macron. Le immagini con Zelensky e Starmer e senza il capo dell'Eliseo, rilanciate da Palazzo Chigi, sembravano dunque aiutare la premier Meloni a uscire dalle polemiche da cui è avvolta dal giorno del vertice di Kiev di sabato scorso, cui lei ha partecipato solo in videocollegamento mentre i principali leader europei erano in presenza. In realtà, è dopo pranzo che si svolge l'incontro più importante. A vedersi con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sono Macron, Merz, Starmer e Tusk. Giorgia Meloni non c'è. Con il gruppetto si collega telefonicamente Donald Trump. A seguire, Macron e Starmer si ritrovano con le stesse parole: la posizione di Mosca di non accettare il cessate il fuoro, dicono, è "inaccettabile". Il leader britannico spiega che il colloquio con Trump serve a "coordinare la reazione". Mentre lo stesso Zelensky rivela che via telefono ha spiegato al presidente Usa come è andata a Istanbul.
La reazione della premier: assenti per coerenza, siamo contrari a mandare truppe in Ucraina
L'assenza della premier al colloquio tra i principali leader europei e Trump diventa, come prevedibile, un caso. Dall'Italia arrivano le critiche delle opposizioni, che la accusa di "irrilevanza". E così, alle 18, Meloni lascia temporaneamente i lavori per rilasciare una dichiarazione pubblica: "L'Italia - dice - ha da tempo dichiarato che non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità. Credo sia un fatto di coerenza e chiarezza. Non facciamo fotografie per poi dire no".
Appare piccata, la premier. E non si ferma per ricevere ulteriori domande sul tema. Non c'è dunque modo di chiederle se la riunione, a che lei sapesse, fosse finalizzata all'invio di truppe a Kiev, fatto non dichiarato dai leader che erano a telefono con Trump. E nemmeno le si può chiedere come mai a precedenti incontri sul formato-volenterosi - a Parigi e Londra - lei sia stata presente personalmente. La premier se ne va, chiudendo bruscamente una giornata per lei non esaltante.
La controrisposta di Macron: nessuno ha parlato di truppe, no a false informazioni
Macron lascia Tirana dopo Meloni. Prima di rientrare a Parigi, risponde alla premier in merito all'ipotesi che il vertice con Trump abbia avuto a tema le truppe in Ucraina: "Credo che ci sia un errore di interpretazione, la discussione che abbiamo avuto era per ottenere un cessate il fuoco in Ucraina, non c'è stata una discussione né a Kiev domenica né oggi sull'invio di truppe - dice Macron -. Bisogna essere seri sull'informazione, abbiamo discusso di pace e di garanzie di sicurezza per l'Ucraina. Guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe". Gelo Roma-Parigi più che confermato, insomma.
Centri per migranti e Germania, gli altri fronti della premier
Nel breve punto stampa mattutino con i cronisti prima dell’ingresso nell’hotel, Meloni ha anche confermato che il protocollo con l’Albania sui Centri di rimpatrio prosegue “con efficacia”. Poi la premier si avvia verso l’ingresso, con un colorito “mi fracico” per divincolarsi dai cronisti a causa della pioggia battente di Tirana. In ogni caso, nei due centri albanesi la premier non ci è andata né prima né dopo il suo arrivo al vertice. "Non c'è stato tempo". Le prime battute del vertice sembrano anche aver contribuito a superare il caso-Berlino: il cancelliere tedesco Friederich Merz ha smentito le voci di stampa secondo cui nell’accordo tra Cdu e Spd sia stato messo in discussione il rapporto “strategico” con Roma.