giovedì 25 gennaio 2018
Slot, scommesse e il pizzo intascato nei locali del clan. «Così "Carlucciello o' curto" faceva tremare Casoria»
Il punto Snai? Un covo di camorristi
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Un punto Snai a Casoria era gestito dal figlio di un esponente del clan Moccia, Claudio Piscitelli detto Carlucciello o’ curto, definito killer 'senza pietà' dai collaboratori di giustizia. Eppure il figlio, considerato reggente del clan e finito in carcere, gestiva una sala scommesse legale. Un luogo diventato una sorta di 'covo' del gruppo camorrista dove, addirittura, veniva intascato il pizzo su varie attività economiche. È la conferma, ancora una volta, della fortissima presenza mafiosa nel settore, sia illegale che legale. Lo si legge in molte pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Leviathan condotta dalla Dia di Napoli contro il potentissimo clan Moccia che da Afragola si è allargato alla regione, nel Lazio e al Nord. E non poteva mancare il ricchissimo azzardo: slot, scommesse e perfino gratta e vinci.

«Carlucciello fa tremare Casoria, tuttora – ha raccontato il collaboratore di giustizia, Danilo Aruta –. E Carlucciello è solo lui, cioè il padre di Dario. Tutti lo conoscono bene, non ci si può sbagliare. Sono i Piscitelli». Una descrizione simile fa un altro collaboratore di giustizia, Angelo Ferrara, che parla anche degli affari nell’azzardo. « Carlucciello ’o curto è un soggetto terribile che non si ferma davanti a nulla, non ha pietà neppure per i figli. Ha ucciso molte persone. Si interessa di estorsioni, usura, falso, omicidi. Ha aperto una sala poker a Casoria. Il figlio ha anche un punto Snai». E lo ripete una seconda volta. «Il figlio aveva un punto di scommesse a Casoria». Della sala parla anche un altro collaboratore, Domenico Esposito a proposito di «un’estorsione a una ditta che gestisce le nicchie al cimitero di Afragola». Un pizzo che oscillava tra 10 e 15mila euro tre volte l’anno. «La somma di denaro fu effettivamente pagata presso il punto Snai». Lì si incassava e da lì partivano le 'missioni'. Sempre Esposito racconta: «Mentre ci trovavamo nel punto Snai, Giovanni Castiello (reggente del clan a Afragola, ndr) mandò Peppe e Carlucciello ’o pazzo a fare estorsioni». Insomma un luogo sicuro per organizzare gli affari. E tra questi l’azzardo. «Dalle intercettazioni – scrivono i magistrati – emerge l’interesse del clan per il sempre fecondo settore della distribuzione di apparecchiature slot machines e videopoker. La vicenda si caratterizza sia per la imposizione dell’estorsione a un determinato imprenditore, sia per l’ulteriore condotta lesiva posta in essere nei contronti dello stesso volta ad imporre la presenza di altro esercente più caro al clan». Si incassa il pizzo e si impongono distributori di slot amici. «La vittima dell’attività delittuosa è stata identifìcata in Michele Esposito, titolare dell’omonima impresa individuale esercente l’attività di gestione e noleggio di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco lecito».

L’imprenditore, «oltre a corrispondere mensilmente una tangente commisurata al numero di apparecchi installati, nel giugno 2012 aveva dovuto rimuovere le proprie apparecchiature installate in un esercizio pubblico di Cardito», su ordine del clan per farne installare di analoghe di «un non identificato noleggiatore, originario dell’Europa dell’est» che i camorristi chiamano «il polacco» imparentato con uno di loro. E non solo slot. In un colloquio in carcere Gennaro Tuccillo, boss di Afragola, parla con la moglie dell’acquisto di un bar per i figli e si informa. «E i gratta e vinci li ha fatti mettere?». La moglie lo rassicura. «Mo’ ha messo tutte cose gratta e vinci, ricariche, pagamento delle bollette, deve arrivare a giorni, tutte le macchinette, tutto». La conferma che i controlli sui gestori dell’azzardo legale proprio non funzionano.

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