lunedì 8 novembre 2021
Lorenzo Tondo, corrispondente del “Guardian”, aveva rivelato che il presunto supertrafficante di migranti arrestato era un ignaro falegname eritreo. Strasburgo: “Intimidazione contro la stampa”
Lorenzo Tondo, giornalista del Guardian, durante un reportage

Lorenzo Tondo, giornalista del Guardian, durante un reportage - Alessio Mamo

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Un errore giudiziario come non dovrebbero capitarne. E un giornalista che si accorge che i conti non tornano, che nell’indagine qualcosa è andato troppo in fretta. Con gli inquirenti italiani che finiscono per fidarsi delle screditate autorità sudanesi al tempo in cui il paese era sotto il pugno del presidente Bashir (già allora ricercato dalla Corte dell’Aja per crimini contro l’umanità). Alla fine l’andamento del processo conferma la ricostruzione del reporter. Che però finisce con il pubblico ministero che presenta una causa civile.

Quella capitata a Lorenzo Tondo, tra le più autorevoli firme del “Guardian”, è una storia che sarebbe piaciuta a Leonardo Sciascia. Del resto i protagonisti sono tutti siciliani. Lo stesso Tondo, il pubblico ministero Calogero Ferrara, il tribunale che dovrà esaminare la richiesta di risarcimento di quest’ultimo.

E come tutte le storie di Sicilia che finiscono per avere una valenza universale, non poteva che scoppiare un caso internazionale. La Piattaforma del Consiglio d'Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei reporter ha indicato come una potenziale "intimidazione" le querele per diffamazione in sede civile nei confronti di Tondo,

All'origine della vicenda - ricorda il Guardian -c'è il caso giudiziario di un eritreo, accusato di essere uno dei principali organizzatori del traffico di migranti dalla Libia.

Nel 2019, dopo che questi aveva trascorso tre anni in carcere, la corte d'assise di Palermo ne decise il rilascio, stabilendo che si era trattato di uno scambio di persona: l'uomo estradato in Italia nel 2016 dal Sudan non era, come sostenevano le polizie di cinque Paesi, Medhanie Yedhego Mered, conosciuto e ricercato come “il generale”, ma Medhanie Tesfamariam Berhe, un profugo che di mestiere faceva il falegname. Partendo a ritroso da Palermo, Lorenzo Tondo, autore di numerosi scoop alcuni dei quali frutto di inchieste congiunte con Avvenire,ha realizzato una straordinaria controinchiesta, mettendo in dubbio i cardini delle acquisizioni giudiziarie. Di tutti i capi d’imputazione contro il giovane falegname ne è sopravvissuto uno: favoreggiamento dell’immmigrazione illegale. Ma relativamente a un solo caso: il ragazzo aveva aiutato un cugino a emigrare.

Nel corso del processo al Medhanie sbagliato avevano testimoniato i parenti del malcapitato e perfino la moglie del vero trafficante internazionale aveva scagionato il giovane eritreo.

I toni delle cronache e il modo con cui sono state promosse anche attraverso i social, non è stato però gradito. Dando vita alla richiesta di risarcimento. Nel corso delle indagini nel processo al presunto trafficante la procura aveva disposto una serie di intercettazion, ascoltando anche Lorenzo Tondo. Le trascrizioni sono poi state depositate agli atti. Nel corso delle conversazioni il giornalista parlava con una sua fonte riservata proprio per ricostruire la dinamica dell'errore investigativo e individuare le fonti di Tondo. Un episodio, non l'unico in questi anni, di uso controverso delle intercettazioni sui giornalisti durante lo svolgimento del loro lavoro, mettendo a repentaglio la tutela delle fonti che è garantita dall'ordinamento giuridico.

L'organismo del Consiglio d'Europa ha spiegato cheil 18 ottobre il cronista del Guardian ha ricevuto notifica della prima udienza del suo processo, fissata il 2 febbraio prossimo, in due cause civili promosse contro di lui dal magistrato per un post su Facebook e alcuni articoli pubblicati sul quotidiano britannico.

Il procedimento, afferma la Piattaforma, gli impedisce per questioni di opportunità di seguire il processo d'appello sul “caso Mered”, iniziato il 27 ottobre. Oltre a Tondo, dopo un tentativo di mediazione tra le parti, il magistrato ha citato in giudizio Repubblica e la sua giornalista Romina Marceca.

La segnalazione del caso alla Piattaforma europea è stata promossa dalla Federazione europea dei giornalisti (Efj) e inserita nella categoria "persecuzioni e intimidazioni nei confronti dei giornalisti" attribuibili allo stato.

Contattato dal Guardian, il pm Ferrara, nel frattempo diventato procuratore delegato nella nuova “procura europea”, ha dichiarato di aver chiesto al suo legale di commentare la vicenda.

La federazione nazionale della stampa italiana e svariate altre organizzazioni internazionali hanno espresso solidarietà a Lorenzo Tondo, e stanno valutando la possibilità, se le norme lo consentissero, di intervenire nel processo come parte a sostegno del giornalista.

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