martedì 25 novembre 2008
Un barista, un elettricista, un perito chimico e uno studente universitario. Hanno pianificato il gesto folle per spezzare la noia delle loro serate al bar. Sono accusati di tentato omicidio.
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Settantotto anni in quattro. Con un lavoro alle spalle, una famiglia, degli amici, un bar in cui ritrovarsi alla sera per fare quattro chiacchiere. Giovanissimi e "normali", ma la loro età e la "normalità" non gli ha impedito di architettare un gesto spregevole. Alessandro Bruschi, Fabio Volanti, entrambi di 20 anni, e i diciannovenni Enrico Giovanardi e Matteo Pagliarani da ieri sono in stato di fermo nella casa circondariale di Rimini in attesa della convalida dell'arresto. Su di loro grava un'accusa pesantissima: tentato omicidio e incendio ai danni di Andrea Severi. Sono loro i quattro ragazzi che non hanno trovato di meglio per trascorrere una serata che dar fuoco al senzatetto di 46 anni, che viveva su una panchina della zona Colonnella, a Rimini. Il clochard, originario di Taranto, si è svegliato nel sonno in preda alle fiamme, e si è salvato solo grazie alla segnalazione al 118 operata da una ragazza poco dopo le 24. L'uomo che ha riportato gravi ustioni di secondo e terzo grado su gran parte del corpo, non è più in pericolo di vita ma resta ricoverato al centro Grandi ustioni di Padova. "Gioventù Bruciata". Così la Polizia ha definito l'operazione che ha portato al fermo dei quattro ragazzi, riminesi, tutti incensurati, residenti in famiglia. «Appiccare il fuoco al senzatetto è stata una bravata che i quattro imputati non hanno saputo motivare. - spiega il magistrato Davide Ercolani che ha condotto le indagini - Ora hanno confessato e si sono pentiti del gesto compiuto». In particolare, Bruschi, ha chiesto perdono a Severi e ai familiari del clochard. Prezioso si è rivelata l'aiuto fornito dai cittadini: con le loro informazioni hanno dato un input prezioso alle indagini. "È un segnale che la società civile è ancora sana" commenta l'assessore alla Polizia Municipale di Rimini, Roberto Biagini. Nei giorni precedenti al fatto, alcuni cittadini avrebbero sentito commentare in modo positivo al bar in cui i quattro ragazzi si ritrovavano (zona Padulli), episodi di violenza contro emarginati o "diversi". Questa segnalazione, unita ad una seconda riguardante una lettera della targa dell'auto vista sul luogo del tentato omicidio, ha circoscritto le indagini degli inquirenti (guidate dalla Squadra Mobile della Questura ma con la collaborazione di tutte le forze dell'ordine) che dopo 48 ore hanno concentrato le investigazioni sul "gruppo" di amici e il luogo frequentato. Ieri mattina, i quattro dopo alcuni timidi tentativi di negare, hanno confessato, prima spontaneamente e in seguito anche di fronte agli avvocati. Per tutti l'accusa è di tentato omicidio e incendio. Materialmente ad aprire la tanica di benzina, e ad appiccare il fuoco alla panchina è stato Alessandro Bruschi, di professione barista: occhiali, capelli corti e scuri, la faccia da bravo ragazzo. Matteo, di giorno elettricista, Fabio, universitario, ed Enrico, perito chimico e tirocinante, sono rimasti in auto. I quattro, quella stessa notte quattro sono tornati sul luogo del delitto, dopo aver cambiato auto. Nei giorni seguenti, al telefono commentavano la "bravata": hai visto, ha preso fuoco, come urlava, senza mai pentirsi o provare rimorso per l'accaduto. Con il trascorrere dei giorni, piuttosto, i quattro erano sempre più preoccupati della piega presa dalle indagini. «Uno spregevole atto gratuito, - lo ha definito il procuratore generale di Rimini, Franco Battaglino - una "bravata" senza alcuna connotazione ideologica o politica». In precedenza i quattro riminesi avevano già molestato il clochard con lancio di sassi e di petardi, come hanno confermato durante l'interrogatorio. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che il gesto è stato premeditato. Il Comune di Rimini al processo si costituirà parte civile.
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