venerdì 16 febbraio 2024
Così i narcos messicani, principali fornitori di cocaina della 'ndrangheta, approfittano della carenza di eroina dovuta al bando alle coltivazioni di oppio nell'Emirato islamico
Un gruppo di "schiavi dell'oppio" su una spianata di Kabul

Un gruppo di "schiavi dell'oppio" su una spianata di Kabul

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È la globalizzazione. Scenario in cui le mafie si muovono con particolare disinvoltura. Multinazionali del crimine, le definiscono accreditati esperti. Lo tsunami di Fentanyl che minaccia l’Europa e l’Italia è l’ultimo anello di una lunga catena di accadimenti in atto nel mercato transnazionale delle droghe. Risalendo la sequenza si arriva fino all’Emirato islamico dei taleban. Il ritorno al potere degli ex studenti coranici, nell’agosto 2021, ha chiuso la politica di “tolleranza” nei confronti della produzione d’oppio. Nel disperato intento di accreditarsi di fronte alla comunità internazionale – che ha congelato i fondi del Paese –, gli estremisti hanno imposto il bando alle coltivazioni di papaveri. In seguito al divieto – dichiarato ad aprile 2022 ma operativo dall’autunno successivo –, i campi si sono ridotti del 95,3 per cento, secondo i dati dell’Ufficio Onu contro la droga e il delitto (Undoc).

Il pugno di ferro – attivisti locali hanno denunciato centinaia di esecuzioni sommarie in Helmand – hanno fatto passare gli ettari coltivati da 233mila a poco più di diecimila nel giro di una stagione. Un colpo durissimo per i contadini del sud, già in miseria, per cui l’oppio rappresentava oltre la metà degli introiti. Dai papaveri afghani, però, dipende anche la fabbricazione del 95 per cento dell’eroina consumata nel Vecchio Continente. Una quantità che il Myanmar, il secondo produttore mondiale dopo l’Afghanistan, non è in grado di compensare, almeno nel breve periodo. L’eroina, dunque, scarseggia. Le stime dell’Undoc parlano di un massimo di 38 tonnellate immesse nel mercato nel 2023, meno del 10 per cento rispetto all’anno precedente. Certo, ancora ci sono abbondanti riserve stoccate. La diminuzione dell’offerta, in ogni caso, ne ha già fatto quintuplicare il prezzo, il record da vent’anni. In un mercato ideale questo farebbe contrarre la richiesta e, prima o poi, il costo tornerebbe a livelli normali.

Quella della domanda e dell’offerta è solo una legge che regola l’economia. Le organizzazioni criminali non hanno intenzione di ridurre clientela e, soprattutto, guadagni. L’ipotesi quasi scontata è il “taglio” dell’eroina più o meno naturale con sostanze adulteranti e, soprattutto, la sua sostituzione con quella sintetica, ovvero il Fentanyl. Con una potenza 50 volte superiore, le conseguenze per la salute pubblica si profilano devastanti, come l’esperienza statunitense insegna, con una media di 300 morti per overdose al giorno. Tanto più che il “vuoto” fa gola, in particolare, ai narcos messicani, ansiosi di acquistare influenza sull’altra sponda dell’Atlantico. Già da tempo sono i principali fornitori di coca della “ndrangheta””, il grande broker della “piazza” europea. Il cartello di Sinaloa e la formazione rivale di Jalisco nueva generación ora hanno l’occasione di incrementare le vendite di Fentanyl e di altri stupefacenti sintetici – dalle metanfetamine al nitazene alla ketamina –, nella cui fabbricazione hanno maturato lunga esperienza anche se finora le esportazioni erano riservate quasi esclusivamente agli Stati Uniti. Negli ultimi tempi, è stata registrata una frenetica rete di contatti tra gruppi criminali europei, medi e grandi, con i messicani. L’irruzione sulla scena di questi ultimi è estremamente pericolosa. I narcos, forti di legami assodati con le Triadi cinesi, “lavorano” il Fentanyl in modo da incrementarne il potere additivo. Così hanno conquistato il mercato a nord del Rio Bravo. Un modello che sono tentati di replicare. È la globalizzazione, appunto.

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