martedì 5 marzo 2024
Ac, Acli, Focolari, Giovanni XXIII, Pax Christi, Agesci, Libera con gli Evangelici chiedono al Parlamento che non si tocchi la legge 185 del 1990 che regolamenta le esportazioni di armi
Un ragazzo prova un lanciarazzi ucraino

Un ragazzo prova un lanciarazzi ucraino - .

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La 185 non si tocca. L’associazionismo cattolico lancia compatto un appello al Parlamento per salvare la legge del 1990 che regolamenta le esportazioni di armi. La riforma in corso, sostengono i promotori, cancellerà i limiti che hanno frenato la vendita a paesi in guerra e a dittature. Farà sparire il controllo parlamentare. Offuscherà la trasparenza bancaria. Tutto a vantaggio del comparto industriale bellico, che da anni vede comunque aumentare i profitti.

L’appello dei cattolici arriva in contemporanea con l’analoga mobilitazione del movimento pacifista: anche Rete italiana pace e disarmo lancia l’allarme per un iter a tempo di record: «Basta favori ai mercanti di armi». Il testo è stato approvato al Senato, in commissione Esteri e Difesa, poi in aula il 21 febbraio dove sono stati rigettati dal governo tutti gli emendamenti migliorativi, promossi dalla stessa presidente della commissione Stefania Craxi (Fi).

Solo domenica Papa Francesco durante l’Angelus - alla vigilia della odierna II Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione - era tornato a denunciare l’enormità delle risorse «sprecate per le spese militari che, a causa della situazione attuale, continuano tristemente ad aumentare! Auspico vivamente - aveva detto - che la comunità internazionale comprenda che il disarmo è innanzitutto un dovere morale». Ma davvero, aveva chiesto, «si pensa di costruire un mondo migliore con la guerra e di raggiungere così la pace?».

L’appello del mondo cattolico a difesa della 185 - nata su spinta della società civile dopo la denuncia delle riviste missionarie sulle guerre africane combattute con armi made in Italy - è sottoscritto da Acli, Azione Cattolica, Associazione Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari, Pax Christi, Agesci, Libera, e dalla Federazione Chiese evangeliche. Aderisce Banca Etica, che ha posto la trasparenza degli investimenti alla radice del suo essere. E ha appena concluso l’incontro in Italia (dal 26 al 29 febbraio) delle 71 banche etiche della Gabv, che hanno lanciato un “Manifesto per una finanza di pace”.

«La 185 è una grande conquista e non deve essere svuotare», spiega Stefano Tassinari, vicepresidente Acli. «Siamo in questa situazione drammatica - sostiene - per un vuoto di politica estera, creato in nome dell'interesse economico di pochi. Interessi che fanno anche il Pil del Paese, ma da un’economia di morte erediteremo solo morte», dicono le Acli. «E questa guerra globale a pezzi si sta avvicinando al nostro territorio. Il vero realismo - aggiunge Tassinari - è quello della pace. Occorre impegnarsi in un’offensiva diplomatica come ha fatto papa Francesco».

Ma la legge 185 - ripetono da anni i lobbisti del comparto bellico - ostacola gli affari dell’industria della difesa: «Falso - dice Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo - visto che il volume dell’export dai quasi 2 miliardi l’anno tra 1990 e 2005 ormai si è quasi quintuplicato». Tra 2002 e 2018, informa Simoncelli, nonostante la 185 abbiamo venduto ad Afghanistan, Arabia Saudita, Ciad, Cina, Colombia, Egitto, Israele, Libano, Libia, Mali, Messico, Pakistan, Qatar, Turchia, Ucraina».

«Una delle modifiche più preoccupanti è quella sulla trasparenza bancaria - avverte Andrea Baranes di Banca Etica - perché sempre più risparmiatori vogliono uscire dagli istituti che finanziano il commercio di armi. E le banche lo temono». Secondo la campagna Banche armate, tra le prime finanziatrici dell’export bellico ci sono Unicredit, Intesa San Paolo e Deutsche Bank.

Nonostante i numerosi aggiramenti di fatto, la 185 garantisce ancora il controllo parlamentare e la trasparenza. Cardini che ora il governo vuole far saltare. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, ricorda quando Nigrizia, da lui diretta, denunciò le esportazioni senza controlli di armi italiane in Africa. Denuncia che gli valse l’invio in missione in Kenya. «La strada della pace non può essere quella delle armi», denuncia l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi. Anche il presidente di AC Giuseppe Notarstefano, sottolinea come «la 185 costituisce un argine irrinunciabile». Adriano Ramonda della Papa Giovanni XXIII denuncia il clima di corsa al riarmo anche dell’Italia: «Siamo arrivati a 28 miliardi, più 5,5%», senza contare l’acquisto in 14 anni di 132 carriarmati Leopard 2 per 8,2 miliardi». Don Luigi Ciotti ricorda che «non c’è guerra in cui non si inseriscano le mafie, fra corruzione, traffici di armi e ricostruzione». E don Antonio De Rosa della Caritas sottolinea l’esigenza di salvare la trasparenza bancaria.

«Mi unisco all’appello», concorda Paolo Ciani segretario di Demos, presente alla conferenza: «La 185 è nata grazia a una grande mobilitazione della società civile responsabile. A cui i cristiani hanno dato un contributo fondamentale».

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