giovedì 14 marzo 2013
​La causa per diffamazione a mezzo stampa era stata promossa dal medico anestesista Amato De Monte.
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Il quotidiano "Avvenire" non ha mai diffamato il medico anestesista e rianimatore Amato De Monte, l’uomo che nel 2009, insieme all’équipe formata ad hoc, condusse a morte Eluana Englaro nella casa di cura "La Quiete" di Udine. Nel procedimento civile avviato da De Monte – che aveva chiesto 2 milioni di danni per presunta diffamazione a mezzo stampa – sono stati assolti "Avvenire" e "il Giornale", gli ex rispettivi direttori Dino Boffo e Mario Giordano, il neurologo Gian Luigi Gigli, i giornalisti Paolo Lambruschi e Irene Giurovich, che avevano correttamente riportato le dichiarazioni del neurologo Gigli.Il giudice civile Maria Antonietta Chiriacò ha rigettato la richiesta di risarcimento danni di De Monte con una sentenza lunga una cinquantina di pagine, nelle quali riconosce la legittimità del comportamento di Gigli e dei giornalisti, ribadendo il diritto di cronaca e di critica. La questione in oggetto – ha infatti sottolineato il giudice – era talmente rilevante che non si poteva non consentire un ampio e forte dibattito sulla questione. Dibattito certamente infuocato – continua il magistrato –, ma non c’è stato alcun attacco personale nei confronti di De Monte, bensì la sola volontà di affermare dei princìpi diametralmente opposti ai suoi eppure altrettanto legittimi.«È una sentenza che ripristina la verità dei fatti – commenta Gigli – e ricostituisce quel terreno democratico nel quale i princìpi costituzionali della libertà d’opinione ed espressione sono doverosamente tutelati dai rischi del pensiero-unico». «Abbiamo dato piena fiducia ai magistrati e oggi giustizia è fatta», commenta Paolo Lambruschi di "Avvenire". «Una sentenza che garantisce di poter fornire ai cittadini la più ampia informazione possibile senza censure», conferma Irene Giurovich. Nella storia d’Italia Eluana è l’unica disabile che sia stata condotta a morte. Non era malata terminale e non era attaccata alle macchine, viveva di vita autonoma e questo "Avvenire" ha sempre raccontato. De Monte è stato condannato a pagare le spese agli assolti.
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