martedì 9 aprile 2024
Il Documento approvato senza la parte programmatica. «Ma vogliamo confermare la decontribuzione». L'Impatto del superbonus.
Il ministro dell'Economia Giorgetti

Il ministro dell'Economia Giorgetti - ANSA

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Crescita in rallentamento rispetto alle ultime previsioni e debito pubblico che, dopo la frenata del 2023, riprende a salire. E' quanto prevede il Def approvato questa mattina dal Consiglio dei ministri. Il documento, come annunciato, riporta solo i dati economici "tendenziali", calcolati in base alla legislazione vigente, e non quelli programmatici, cioè comprensivi delle scelte che farà il governo. Su questa base il Def stima che il Pil cresca dell'1% quest'anno, invece dell'1,2% previsto a settembre nella Nadef, dopo lo 0,9% del 2023. Il deficit si attesterà al 4,3% del Pil, lo stesso dato indicato in autunno, e il debito pubblico al 137,8% del Pil, a fronte del 140,1% indicato dalla Nadef, la nota d'aggiornamento di settembre scorso.

Nel 2025 il pil crescerà dell'1,2%, invece dell'1,4 nella stima precedente, e nel 2026 dell'1,1% (era all'1%). La traiettoria delineata per i prossimi anni vede un indebitamento netto che si ridurrà al 3,7% nel 2025, al 3% nel 2026 e al 2,2% nel 2027. La Nadef fissava l'asticella del deficit legermente più in basso: al 3,6% per il 2025 e allo 0,9 per il 2026.

Quanto al debito pubblico, tallone d'Achille dell'economia italiana, dopo il ricalcolo del'Istat che lo ha tagliato nel 2023 dal 140 al 137,3% del Pil grazie all'effetto dell'inflazione, salirà quest'anno solo di mezzo punto per poi aumentare al 138,9% nel 2025 e al 139,8% nel 2026. Il debito dunque inverte la rotta rispetto al sentiero di discesa indicato nella Nadef, quando era visto arrivare in lieve calo fino al 139,6% del 2026. I quasi tre punti guadagnati dal recente ricalcolo dell'Istat vengono spazzati via. Emerge «l'impatto devastante del Superbonus e simili», ha commentato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. «L'andamento del debito è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa dal pagamento dei crediti fiscali dei bonus nei prossimi anni - ha spiegato - . Questa enorme massa di 219 miliardi di crediti edilizi (dei quali oltre 122 relativi al solo Superbonus, ndr) scenderanno in forma di compensazione nei prossimi anni e diventeranno a tutti gli effetti debito pubblico, anche ai fini contabili».

A fronte di questo scenario avverso, Giorgetti in conferenza stampa ha confermato le privatizzazioni già previste nella Nadef e aggiunto che al ministero si sta pensando «come andare ulteriormente nella direzione dei tagli di spesa». La prossima legge di bilancio dovrà «tenere conto del nuovo quadro tenendo conto degli obiettivi prioritari» del governo. «Ci sono degli impegni che intendiamo mantenere, ovvero quello della decontribuzione che scade nel 2024 e che vogliamo assolutamente replicare nel 2025. Questo è il vero obiettivo che ci poniamo quando andremo a definire il programma strutturale».

Per la manovra 2025 il governo dovrà trovare circa 20 miliardi solo per confermare le misure ora in vigore che scadranno il prossimo 31 dicembre. Mentre in estate la Commissione Ue aprirà una procedura di infrazione per deficit eccessivo contro l'Italia, operazione che non permetterà nuove spese in extra-deficit come avvenuto con l'ultima manovra.

Riguardo al rallentamento del Pil il ministro ha fatto riferimento al «quadro internazionale e geopolitico complicato». Mentre la spinta degli investimenti del Pnrr stenterebbe a farsi sentire anche quest'anno. Il dato indicato nel Def per il 2024, +1% appunto, resta peraltro più alto di quello dei maggiori osservatori economici: Bankitalia ad esempio lo prevede allo 0,8% (0,6% se corretto in base ai giorni lavorativi). Ma dal Mef spiegano che si è voluto fornire numeri «il più possibile realistici, non gonfiati né troppo impostati alla prudenza», al netto tuttavia della congiuntura internazionale «volatile a causa dei conflitti in atto».

Quanto alla mancanza dei dati programmatici, il governo osserva che per l'anno in corso viene applicato un regime transitorio: la presentazione alla Ue del così rinominato Piano fiscale strutturale arriverà «entro il 20 settembre», ma Roma intende fare prima. Nella fase attuale «in cui mancano ancora le indicazioni operative su come dovrà essere impostato il Piano, è stata concordata a livello europeo la possibilità di sospendere le vecchie procedure per evitare di svuotare l'atto politico di contenuto. Un processo lineare senza nessun rischio di generare incertezze sui mercati».


Coro di critiche dalle forze di opposizione sulla scelta del Def dimezzato. Carlo Calenda attacca: "La mancanza del quadro programmatico è legato alle elezioni europee e al problema di trovare le risorse per confermare i tagli delle tasse una tantum. Non è serio, non ha precedenti ed è vergognoso. Abbiamo sempre riconosciuto l'impatto dello sciagurato superbonus, ma qui non ci sono giustificazioni per uno scempio istituzionale a fini elettorali. Siete al Governo non sul prato di Pontida". Dal Pd parla Antonio Misiani, responsabile Economico: "Questo Def è inutile, un preludio a un altro aumento di tasse. I pochi numeri che filtrano confermano l'impressione che Meloni e Giorgetti non sanno che pesci pigliare e tengono nascoste le loro carte per tentare di scavallare indenni le elezioni europee".

Mentre Confcommercio avverte: "La crescita per il 2024 resta ancora tutta da costruire, considerando che l'Italia è in buona salute ma è in una fase di rallentamento dell'economia".








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