sabato 5 ottobre 2019
Il premier sfida il leader di Italia Viva: non si può andare avanti se ogni giorno marca uno spazio politico. Appello alla responsabilità: «La gente vuole una squadra che lavori al bene comune
Giuseppe Conte ad Assisi (Filippo Attili, ufficio stampa Palazzo Chigi/Ansa)

Giuseppe Conte ad Assisi (Filippo Attili, ufficio stampa Palazzo Chigi/Ansa)

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Il messaggio di Giuseppe Conte a Matteo Renzi è netto. «Non abbiamo bisogno di fenomeni. La vera sfida è lavorare in un clima proficuo, di squadra. È lavorare tutti insieme... ». C’è una parola che subito fa pensare. Conte quasi la sillaba: fenomeni. È un altolà a Renzi. Un avvertimento. Il presidente del Consiglio riflette sulle ultime mosse del leader di Italia Viva e lo frena: «Renzi non è opposizione, chiedo correttezza».

Perché se «uno ha bisogno di rimarcare ogni giorno uno spazio politico è inaccettabile », se poi avviene con la logica poi con cui lo sta facendo Renzi «questo ci precluderà la possibilità di andare avanti». È la prima volta che Conte agita il fantasma di una nuova crisi di governo. Che ci fa i conti. Che la prende sul serio in considerazione.

Lo sfidiamo con una domanda secca e inevitabile: c’è il rischio di un nuovo voto? Il capo del governo ci guarda con una espressione strana. Quasi di incredulità. «Andare a votare? Ma avete visto i cittadini laggiù? Ci chiedono soluzioni ai problemi. E vogliono credere in una squadra che lavora per il bene comune».

È primo pomeriggio e il sole ancora alto illumina la Basilica superiore di San Francesco. Conte è arrivato ad Assisi in mattinata. Ha ascoltato la Santa Messa in prima fila. Ha pranzato nel refettorio con i cardinali Betori e Vallini e con padre Mauro Gambetti, il custode del Sacro Convento. Poi si è fermato davanti alle telecamere e ha affondato il primo colpo: «...Se c’è qualcuno che vuole andare tutti i giorni in televisione o scrivere alla stampa lo faccia pure. Ma nella consapevolezza che quando ci si siede al tavolo conta la forza delle proposte che vengono portate e non i giudizi sparati sui media». Poi un altro: «...Voglio chiarire che tutti devono partecipare a questo progetto politico con massimo impegno e determinazione. Non si rivendicano primati che io non riconosco a nessuno, neppure alle forze politiche che hanno maggiore consistenza numerica». Venti minuti più tardi Conte si ferma con tre quotidiani e riparte da qui. Da quel messaggio a Renzi: cambia, perché così non si va avanti.

Crede che Renzi voglia tornare a Palazzo Chigi?

Lui ha una vita davanti e le aspirazioni sono legittime, ma non è questo il tema. Il tema è che dobbiamo lavorare insieme.

Un confronto a due potrebbe allentare le tensioni? Serve un patto Conte-Renzi?

Non devo fare un patto singolo con Renzi. Non è nella mia cul- tura politica fare patti singoli. Dico: né crostate, né merendine, né caminetti. Io non sono così. Poi se devo incontrare Renzi sono pronto, non ho nessuna difficoltà. Possiamo farlo una, due, venti volte... Ho incontrato anche Zingaretti, ma il piano governativo è un’altra cosa: lì lavoro con i ministri e per le questioni più importanti con i capidelegazione. Parlo con loro, questo è il perimetro.

C’è un Conte che ora preoccupa gli altri leader?

Conte che assolve al compito di presidente del Consiglio nelle sue prerogative è un pericolo per qualcuno? È assurdo e vorrei dire anche inverosimile. Conte non è cambiato, magari prima era oscurato dal tono di voce più alto di altri e forse hanno sbagliato i media ad andare dietro a chi urlava di più e faceva più interviste.

Salvini ha presentato una interrogazione parlamentare contro di lei. E anche oggi la attacca deciso.

Salvini fa la sua attività di opposizione, mi auguro che inizi a farla su questioni finalmente concrete e non promettendo la flat tax al 15% o una manovra da cento miliardi. Dia un contributo critico, ma concreto. Faccia proposte sostenibili, credibili. Se poi invece vuole recuperare questioni vecchie e superate, vicende di quando ero bambino, se vuole dilettarsi su questo...

È anche il voto umbro che si avvicina a rendere teso il clima, è il primo test per il nuovo governo, per la nuova maggioranza centrosinistra- M5s...

È un voto utile come ogni verifica elettorale. È esagerato però parlare di laboratori. Il punto è che c’è un progetto politico che va costruito. Sull’Umbria forse non possiamo testarlo, siamo all’inizio di un percorso, il candidato è stato cercato in pochi giorni. Tuttavia, devo dire, mi sembra ottimo candidato.

Oggi molti i messaggi scambiati con il mondo cattolico. C’è un tema sul quale c’è stato un forte dibattito, quello dell’immigrazione. Sta cambiando qualcosa?

Vi invito a considerare che nella precedente esperienza di governo tutte le volte che ho parlato di migrazioni sono sempre partito da un concetto: rispetto e tutela dei diritti delle persone. Andate a prendere tutte le dichiarazioni pubbliche e ufficiali. Ho sempre detto che partendo da questo presupposto è giusto per uno Stato non tanto difendere i confini, quanto decidere chi deve entrare e sulla base di quali regole. È legittimo controllare il proprio territorio e contrastare l’immigrazione irregolare alimentata dalla tratta indegna di essere umani. Lo pensavo ieri e lo penso oggi. Sono sempre fuggito dalla formula riduttiva 'porti aperti o porti chiusi'. Si deve parlare di regolazione, sebbene sia molto più complesso.

Era al corrente del decreto Di Maio sui rimpatri?

Mi è stato anticipato, ed è stato comunicato, come mi risulta, anche alle forze politiche. La Farnesina ci stava già lavorando da tempo.

Nelle ultime dichiarazioni pubbliche Di Maio sembra quasi sminuire il valore dell’accordo di Malta sulle ricollocazioni. Le pare?

Nessuna contrapposizione. Ripeto, voi prima prestavate meno attenzione alla mia voce. Il mio pensiero è che il fenomeno delle migrazioni deve essere affrontato con una strategia multilivello. Significa che non si può ragionare solo sul meccanismo della redistribuzione o solo sui rimpatri o solo su una tessera del puzzle. Si inizia una politica di reale cooperazione. Faccio un esempio, c’è un progetto molto importante di Eni e Coldiretti con cui andiamo a creare opportunità di lavoro in Ghana. Quando partirà riguarderà 100mila giovani ghanesi che non vorranno più venire da noi. Occorre ragionare con i Paesi di transito, contenere le partenze, dare il segno che non si arriva in Italia così, alla buona: una politica di rigore serve a questo.

Insisto: il meccanismo di redistribuzione tra i Paesi Ue serve?

Serve eccome, altro che, altrimenti chi arriva resta solo in Italia. E servono i rimpatri che devono essere effettivi: chi non ha diritto alla protezione internazionale devo poterlo rimpatriare. Sono tutti strumenti funzionali l’uno all’altro. Assicurare diritto di asilo a chi ne ha davvero diritto. E così offrire percorsi di integrazione a chi ha diritto alla protezione internazionale. Con numeri più contenuti le prospettive di integrazione sono maggiori. Integrandole, queste persone non saranno estranee o percepite come estranee. A loro dobbiamo offrire la dignità di sentirsi parte di una nuova comunità.

Salvini la chiama duramente in causa sulla vicenda dei contatti tra amministrazione Usa e 007 italiani. Ha una risposta da dare?

Non stento affatto a intervenire pubblicamente. Io sono responsabile per legge dei servizi di intelligence: di fronte a una questione che monta dal punto di vista giornalistico non è che faccio interviste, vado prima al Copasir. A quel Comitato mancava un componente, altrimenti avrei già chiesto di andare io ad essere ascoltato. Vi anticipo che quando chiarirò al Copasir resterete molto delusi rispetto alle fantasie che stanno circolando. È successo qualcosa di molto ordinario, di abbastanza conforme alle prassi. Subito dopo farò la conferenza stampa e vi darò tutte le soddisfazioni che volete. Il presidente del Consiglio non fa un uso personale dei servizi segreti, è gravissimo dirlo, è segno ancora una volta di una cultura politica priva di sensibilità istituzionale e priva del senso delle regole. Chi ha usato quel linguaggio ha rivelato la deformazione della politica che ha nella propria testa.

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