giovedì 24 novembre 2022
La federazione degli istituti cattolici italiani all'udienza generale dal Papa prima di iniziare i lavori nel pomeriggio di ieri
Baturi apre l’assemblea di Fidae. Per una «scuola di prossimità»
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Il saluto di papa Francesco nell’udienza generale di ieri accompagna i lavori della 77esima Assemblea nazionale della Federazione italiana delle scuole cattoliche (Fidae), iniziata nel pomeriggio con l’intervento del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, e ospitata quest’anno nella Pontificia Università della Santa Croce. È proprio dall’auspicio del Pontefice per un riconoscimento «ad ogni livello» del «rilevante ruolo educativo e sociale» degli istituti di Fidae che pende le mosse la riflessione degli associati. D’altronde, come ha spiegato la presidente nazionale, Virginia Kaladich, «il futuro del nostro Paese riparte dai banchi di scuola e dopo due anni di emergenza sanitaria è venuto il momento di cambiare un modello che presentava delle grosse lacune per costruire una scuola a misura di ogni individuo».

Un paradigma da rinnovare attraverso la ricerca dell’identità più autentica dell’educazione cristiana, esercizio al quale ha offerto un contributo prezioso la lectio magistralis di Baturi: “La Scuola Cattolica in cammino con la Chiesa della prossimità”. Il punto di partenza è la «storica importanza» degli istituti cattolici in Italia «per la promozione delle classi sociali più emarginate». Una «responsabilità ampia», ha proseguito l’arcivescovo di Cagliari, che legittima la necessità di un dialogo con le istituzioni, ma è strettamente «collegata alla capacità di fare cultura» e «promuovere l’adesione ai valori cristiani nella Chiesa e nella società». Anche perché «la politica non può prescindere dalla cultura».Il bisogno di una «formazione autentica» è figlio del percorso sinodale, come ha ricordato ancora il presule, ma sono le famiglie a chiedere «che i propri ragazzi siano adeguatamente accompagnati nella loro evoluzione ed è particolarmente importante forgiare un paradigma culturale» che permetta «un patto educativo tra famiglie, giovani, Chiesa e comunità».

In altri termini, ha messo in chiaro il segretario generale della Cei citando Benedetto XVI, il compito dell’educatore cattolico e favorire «l’unità tra la fede, la coltura e la vita». Processo che dovrebbe iniziare in famiglia, ma i nuclei hanno bisogno di essere aiutati di fronte al mondo attuale, che alimenta una cultura invasiva, spesso in contrasto coi valori cristiani. C’è poi un altro aspetto messo in luce da Baturi ed è la connessione tra la scuola e i tre elementi individuati da papa Francesco come base per la ricerca della pace: il lavoro, il rapporto tra generazioni e l’educazione. È chiaro allora come la formazione, specie nel momento attuale, sia davvero il perno attorno cui creare una società diversa.

Certo è necessario anche che gli istituti capiscano come posizionarsi nella comunità e nei territori, anche dal punto di vista dello status istituzionale. Anche per questo i partecipanti all’assemblea hanno potuto ascoltare la relazione di Andrea Paolo Perrone, direttore del Centro Studi sugli Enti Ecclesiastici e docente dell’Università cattolica del Sacro Cuore, sulle possibilità offerte dalla riforma del Terzo settore. Un cambiamento che però comporterà diversi costi per l’accesso al regime promozionale previsto, non sempre sostenibili dalle realtà più piccole. Sono comunque incoraggianti i dati presentati in chiusura dei lavori da Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’educazione, dai quali – nonostante la pandemia – emerge una flessione minore degli indicatori sull’attività delle scuole cattoliche in Italia rispetto allo scorso anno e anzi, per alcune voci (numero di studenti nel primo grado superiore e di classi dello stesso grado), i numeri sono addirittura positivi. Segno che il Covid ha generato un bisogno di sicurezza nelle famiglie per l’educazione dei loro figli e un riconoscimento della capacità di soddisfarlo da parte degli istituti Fidae.

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