martedì 23 febbraio 2021
L'europarlamentare, vicepresidente della commissione Diritti Civili Ue: «Quattro barconi alla deriva e nessun soccorso dai nostri Paesi»
Pietro Bartolo con il comandante del velivolo di "Pilotes Volontaires"

Pietro Bartolo con il comandante del velivolo di "Pilotes Volontaires"

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In sette ore si può raggiungere l’Arabia Saudita, a oltre tremila chilometri di distanza. Invece, l’aereo di "Pilotes Volontaires" per la stessa durata sorvola avanti e indietro i 300 chilometri da Lampedusa alle coste di Tripoli. «E nessuna nave istituzionale a soccorrere i migranti né a proteggere i pescatori. Sotto di noi abbiamo trovato quattro barconi, di cui uno mezzo affondato e non sappiamo quanti siano i vivi e quanti i morti». A bordo del monoelica Colibrì domenica c’era Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa diventato vicepresidente della Commissione diritti civili all’Europarlamento.

Avanti e indietro per ore, senza sosta né scalo. A zigzag oppure «a pettine», come si dice in gergo. «Contattare le autorità di Tripoli per scongiurare le tragedie serve a poco, non rispondono quasi mai», spiega Bartolo. «Riferirò tutto all’Europarlamento - assicura -, non è possibile che l’Ue continui a versare soldi e dispiegare forze per vedere la gente abbandonata in mare o gettata di nuovo nei campi di prigionia».

Intorno, infatti, volavano gli aerei di Frontex, l’agenzia Ue per la protezione dei confini esterni. «E regolarmente quando avvistano un gommone loro avvertono le motovedette libiche». Volando fino a vedere in lontananza la città di Tripoli «risulta chiaro - spiega Bartolo - che lo scopo dei mezzi europei è quello di intercettare dall’alto i migranti e fare intervenire i libici prima che escano dalla loro area di ricerca». Una volta superato quel confine invisibile le responsabilità ricadono su Paesi come Malta, che negli ultimi giorni nonostante svariati "Sos" non ha mosso un solo pattugliatore, e più a Nord direttamente sull’Italia.

Vista da lassù la realtà è perfino peggio. «Sei attraversato da un senso di impotenza», racconta l’europarlamentare del gruppo dei Socialisti e Democratici: «Vedi quelle persone, percepisci la loro paura, la disperazione, ma non puoi fare nulla». Come già due settimane fa, quando in malo modo venne bloccato dalla polizia alla frontiera tra Croazia e Bosnia, il dottore di Lampedusa vuole continuare a ispezionare i confini Ue e denunciare cosa accade. Come lo strano comportamento dell’unica motovedetta libica intervenuta a naufragio in corso. «Mentre il Colibrì procedeva in avvicinamento - aggiunge Pietro Bartolo - abbiamo visto distintamente e filmato il barcone semiaffondato, persone in acqua che annaspavano. Per una decina di volte abbiamo sorvolato a bassa quota, anche per far capire ai libici che erano osservati». Poi, quando tutto sembrava concluso, il pattugliatore donato dall’Italia si è diretto verso Tripoli lasciandosi alle spalle una vistosa scia di fumo nero. A quel punto Colibrì ha fatto per tornare a Nord, verso Lampedusa. «Nel frattempo il nostro equipaggio ha allertato le organizzazioni Onu in Libia, per assicurarsi che si recassero al porto per assistere i naufraghi dopo lo sbarco». Non di rado, infatti, le autorità di Tripoli tengono le agenzie umanitarie all’oscuro dei loro interventi. Poi, forse credendo che Colibrì si fosse allontanato, «la motovedetta è tornata indietro, come se intorno al gommone cercasse qualcosa o qualcuno. Così siamo tornati sul gommone oramai affondato. Quando i libici ci hanno visti tornare, sono spariti».

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