domenica 11 febbraio 2018
A Vicenza analisti, diocesi e operatori sociali denunciano il mancato divieto di accesso ai minori
«Ancora bambini alla fiera delle armi»
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Luca Traini, l’aspirante stragista di Macerata, aveva un regolare permesso per tiro sportivo. E con la sua Glock da 600 euro ha tentato di ammazzare una mezza dozzina di immigrati. Armi come la sua sono in bella vista in questi giorni a Vicenza, alla fiera annuale delle armi. Nonostante le promesse, anche stavolta i minorenni potranno aggirarsi tra gli stand.

Ad oggi, il regolamento della fiera consente a bambini e ragazzi con meno di 18 anni di partecipare all’evento solo se accompagnati da un adulto. Non è consentito, sulla carta, maneggiare le armi esposte, «cosa che però avviene, come documentato dal nostro giornale già due anni fa», scrive “La Voce dei Berici”, il settimanale della diocesi di Vicenza. «I tentativi, sostenuti anche dalla commissione diocesana per la pastorale sociale e del lavoro, per arrivare ad un codice etico più stringente» per l’ente fiera , semplicemente «non hanno avuto seguito», lamenta il periodico cattolico.

«Da un paio d’anni, si assiste al consueto scambio di comunicazioni ufficiali», ma poi l’unica cosa a cambiare sono i modelli delle armi esposte. Le amministrazioni comunali e provinciali di Rimini e di Vicenza sono tra i principali soci azionisti pubblici di Italian Exhibition Group (Ieg), la società nata nel 2016 dalla fusione tra Rimini Fiere e Fiera di Vicenza, che insieme ad Anpam (Associazione nazionale produttori di armi e munizioni) promuove la manifestazione fieristica Hit Show a cui quest’anno partecipando 380 espositori. L’Osservatorio Opal e la Rete italiana per il Disarmo, fin dalla prima edizione, hanno espresso all’amministrazione comunale di Vicenza una serie di criticità, recepite da una mozione approvata all’unanimità in Consiglio Comunale lo scorso 21 settembre, che impegna l’amministrazione «ad esercitare la sua preziosa moral suasion nei confronti degli organizzatori di Hit Show, perché si arrivi al più presto e, comunque, prima della prossima edizione a definire un nuovo regolamento che riguardi sia i visitatori che gli espositori della manifestazione fieristica».

Soprattutto impedendo ai minorenni di visitare i padiglioni. Nonostante questo impegno, al momento non è stata apportata alcuna modifica al regolamento di accesso. Così si possono vedere ragazzini che scorrazzano passando da un fucile a pompa a un semiautomatico, da un black-rifle alle pistole a tamburo, quasi come fossero le innocue armi di un videogame. «Il problema centrale - spiega Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia, - è l’operazione ideologica che questa fiera promuove ».

Come se fosse un bazar, «mettendo insieme tutti i tipi di “armi comuni” (per la difesa personale, per forze dell’ordine e private securities, per il tiro sportivo, per le attività venatorie, per collezionismo, repliche di armi antiche e di armi demilitarizzate, per il softair ecc., cioè di fatto tutte le armi tranne quelle propriamente definite “da guerra”) la fiera – insiste Opal che ieri ha svolto un convegno proprio a Vicenza – fa passare il messaggio che ogni arma equivale ad un’altra e così ne promuove la diffusione».

Le mostre dedicate alle armi riescono anche in un’altro scopo: «Disinnescano l’indignazione», osserva don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. «Se si sdogana il principio secondo cui accedere alle armi è facile, accessibile, quasi un gioco, si trasmette un messaggio pericolososissimo – aggiunge – perché crea una cultura deleteria, che ha l’unico obiettivo di rendere le armi alla portata di chiunque». Se davanti a una sparatoria siamo inorriditi, «questo genere di manifestazioni – insiste don Sacco – finisce per avere lo scopo di rendere familiari le armi che al contrario sono un prodotto di morte».

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