Nessuna traccia dei dispersi. «Non possiamo girarci dall'altra parte»
La ricerca di altre persone in mare non ha dato esito, mentre sono ripresi gli sbarchi, non solo in Sicilia. Il dramma dei piccoli ricoverati a Palermo e la rabbia delle Ong. «Aprite canali sicuri»

È stato un giovedì di dolore per Lampedusa, tra il lutto per le vite spezzate nel naufragio di mercoledì – i morti finora accertati sono ventisette, tra cui una neonata – e la disperata opera di ricerca, ripresa all’alba, di eventuali dispersi, dopo il doppio capovolgimento di due imbarcazioni, a quattordici miglia dalla costa. E mentre si attendono le sepolture delle vittime che hanno ricevuto il via libera della Procura di Agrigento che indaga per omicidio colposo, un’altra drammatica notizia si aggiunge nel lungo elenco dei viaggi della disperazione.
Una bambina di sei anni è ricoverata in gravi condizioni all’Ospedale dei Bambini di Palermo. Era arrivata insieme alla madre dalle coste africane proprio a Lampedusa, lo scorso venerdì, dopo un viaggio di cinque giorni su un barcone. Le condizioni della piccola, originaria della Guinea, erano apparse subito critiche, così era stata trasportata in elisoccorso dal 118 in ospedale: è ricoverata in Rianimazione da quattro giorni. Le sue condizioni si sarebbero fortemente aggravate. La bambina avrebbe bevuto acqua di mare, secondo quanto trapela. La mamma è assistita da uno psicologo.
Le traversate, nel frattempo, non si fermano. Altre 156 persone migranti sono sbarcate, dopo il salvataggio di tre imbarcazioni, durante la notte, a Lampedusa. Sui primi due mezzi soccorsi erano in sessantadue, tra bengalesi ed egiziani, partiti da Khoms in Libia e ventitré tra etiopi, somali e malesi salpati, secondo quanto hanno riferito, da Sabratha, sempre in Libia. Sul terzo barcone c’erano settantuno, bengalesi ed egiziani, partiti da Khoms. Due salvati del primo gruppo sono stati portati al poliambulatorio, uno per lipotimia, una condizione di estrema debolezza, l’altro per ipotermia. Fra i ventitré del secondo gruppo sono stati rinvenuti tredici casi di scabbia, un ferito da percosse e una persona ferita a un occhio. Nel terzo gruppo stati accertati ventuno casi di scabbia.
Ancora ieri pomeriggio, altre quarantasei persone migranti sono sbarcate nell’isola dopo che le motovedette Cp322 e Cp276 hanno soccorso due barchini salpati da Zarsis in Tunisia e Abu Kammach in Libia. A bordo, c’erano diciassette sudanesi che hanno riferito d’avere pagato 3.500 dinari tunisini per la traversata e ventinove, tra cui cinque donne e undici minori, algerini, libici ed egiziani che avrebbero invece pagato 6mila dinari libici. Tutti sono stati portati all’hotspot dove, al momento, ci sono 269 ospiti.
Gli sbarchi sono stati favoriti dalle buone condizioni meteorologiche, anche in Sardegna. Mercoledì sono arrivati in quarantasette. Il primo sbarco nel porto di Sant’Antioco, con ventitré persone, tra cui sei donne, quattro delle quali minorenni, e un bambino, tutti provenienti dal Nord Africa. Altri ventiquattro migranti sono approdati nel corso della giornata. Tutti sono stati accompagnati nel centro di accoglienza di Monastir, a Cagliari. Ieri mattina, a Salerno, è attraccata la nave Sea Watch con a bordo settantuno passeggeri, di cui quaranta minori non accompagnati, due fratellini di due e sette anni che viaggiavano insieme alla mamma e due donne incinte.
«A bordo ci sarebbero alcuni casi di sospetto vaiolo. È scattato subito – ha spiegato il viceprefetto Vicario Nicola De Stefano - il protocollo sanitario che consiste in una quarantena per i soggetti interessati». «Si tratta – ha sottolineato il sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli – di una situazione da verificare e attenzionare, da tenere sotto controllo ma senza allarmismi». A Lampedusa, la traversata della tragedia ha provocato un forte impatto in coloro che non si rassegnano all’indifferenza. «È intollerabile questa conta senza fine di bambini e giovani vite spezzate nel tentativo di raggiungere l’Europa – ha detto Giovanna Di Benedetto, portavoce di “Save the Children” –. Non possiamo più girarci dall’altra parte: è inumano. Save the Children rinnova l’appello per l’attivazione di un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso in mare per salvare vite umane, agendo nel rispetto dei principi internazionali e dando prova di quella solidarietà che è valore fondante dell’Unione Europea, e per l’apertura di canali regolari e sicuri per raggiungere l’Europa». «Questo terribile naufragio – dice Emiliano Abramo, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Sicilia – ci consegna nuove vittime, oltre le 670 già drammaticamente contate nel 2025. Molti italiani sono in vacanza e hanno risposto con grande distrazione, se non peggio, alla tragedia che si è verificata. L’unica strada è tornare a pronunciare parole nette, parole umane che ci aiutino a non restare indifferenti».
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