Milano, la città inquieta e le priorità della nuova agenda
di Marco Castellini
Al convegno diocesano di sabato, l'arcivescovo Delpini ha parlato del rischio di «sfilacciamento» nelle relazioni e ha elogiato «le forze che si muovono per il bene». Durante il confronto con Caritas ambrosiana, ribadita la necessità di interventi per la casa e per il lavoro

«Vedere le cose in maniera diversa, partendo dalle vittime, dai poveri e dalle loro ferite; e vedere in che modo la realtà possa essere cambiata». È questo l’obiettivo che deve continuare a guidare la Caritas ambrosiana secondo l’ex presidente Luciano Gualzetti, presente al convegno diocesano “Sinodalità e carità”. L’incontro è stato l’occasione per ringraziare il direttore uscente per il suo operato e per presentare il rapporto “Caritas Ambrosiana. Istituzione del margine e istituzione delle Comunità”, redatto dal Consorzio Aaster.
Il documento si propone come un viaggio nel cuore della metropoli milanese, delle Brianze e del Sempione. Centralità del margine, pedagogia trasformativa e sinodalità sono i tre pilastri su cui, secondo il rapporto, deve basarsi l’azione per affrontare le ricadute sociali in una delle aree più ricche d’Europa ma anche segnata da diseguaglianze crescenti. Sono quattro i temi su cui si è concentrata la ricerca: l’abitare difficile, il lavoro povero, la salute precaria e le povertà relazionali. Sempre più persone, pur lavorando, non riescono a sostenere le spese primarie mentre i costi proibitivi delle abitazioni le spingono nelle periferie. A volte si assiste a un vero e proprio fenomeno di “ghettizzazione”, mentre la contrazione del sistema sanitario pubblico a favore del privato porta in alcuni casi alla rinuncia alle cure. Tutto questo porta quindi a situazioni di fragilità sia personale che sociale, con conseguente riparo in comportamenti devianti (ludopatia, sostanze, dipendenza digitale), mentre aumenta il disagio giovanile.
«Il lavoro deve essere organizzato – ha sottolineato Gualzetti – perché bisogna anche dare delle piste concrete da seguire e portarle avanti attraverso la costruzione di reti e alleanze». Alleanze di cui l’Università Cattolica di Milano è stata un pilastro fondamentale. «Le relazioni tra Università Cattolica e Caritas Ambrosiana sono costanti e solide. Sono molteplici i progetti che abbiamo ideato e portato avanti nel corso degli anni. Penso, solo per fare un esempio, al progetto “Pace, giustizia sociale, sostenibilità” – ha dichiarato la rettrice Elena Beccalli –. Un progetto, tra i tanti, che testimonia un legame che mi auguro si consolidi sempre di più nei prossimi anni». «Caritas è stata un’importante compagna di viaggio della comunità e dell’amministarzione milanese – ha commentato il sindaco Giuseppe Sala –. Penso per esempio al Refettorio ambrosiano che ad oggi ha distribuito 260mila pasti e alla cena solidale per i centocinquant’anni della Galleria Vittorio Emanuele II, insieme a Confcommercio, in cui sono stati raccolti 300mila euro».
«Siamo provocati a mostrare di essere originali, non perché facciamo cose belle e buone per frammenti di mondo sparsi qua e là che invocano soccorso – ha dichiarato nel suo messaggio ai presenti l’arcivescovo Mario Delpini –. Queste due strade sono entrambe buone, ma la sfida è praticare una alternativa sistematica o, almeno esemplare».
Delpini ha poi commentato il recente viaggio in Terra Santa dei vescovi ambrosiani: «L’auspicio è che dalla tregua, ancora precaria e incerta, si possa passare a una stabilità di rapporti sostenibili. A Gerusalemme abbiamo trovato un clima di grande serenità, mentre in Cisgiordania abbiamo incontrato povertà, inquietudine e grande preoccupazione per il futuro, di fronte anche ai comportamenti dei coloni. Credo che la ripresa dei pellegrinaggi e la presenza dei cristiani, con le loro opere di carità, scuola e sanità, possano essere un elemento di riconciliazione». Passando a Milano, Delpini ha spiegato che «dopo un anno non saprei dire se la città sia ancora stanca, ma certamente è un po’ agitata. Ci sono forze che si muovono per il bene e problemi che rendono irrequieta la vita quotidiana».
Un’irrequietezza «dovuta anche alla buona volontà di molti di affrontare i temi all’ordine del giorno», ma accompagnata da «uno sfilacciamento dei rapporti ordinari tra le persone, i gruppi e le diverse componenti della città».
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