Berruto torna in campo (quello vero): "Farò il ct della Palestina"

L'ex ct azzurro e attuale deputato del Pd a fine novembre volerà a Ramallah dalla nazionale palestinese
November 7, 2025
Berruto torna in campo (quello vero): "Farò il ct della Palestina"
Mauro Berruto, 56 anni, attualmente deputato del Pd, qui ai tempi in cui era ct della Nazionale di volley italiana da cui si è dimesso nel 2015
Portare la pace in Palestina con un pallone da volley. E’ questa la “missione” che si appresta a compiere Mauro Berruto. L’ex ct della Nazionale di pallavolo, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 e deputato del Pd, è abituato alle missioni impossibili. Tipo portare in Italia le calciatrici afghane vittime delle persecuzioni dei talebani o riuscire a far riscrivere l’art.33 della Costituzione. Perciò tornare su una panchina di una squadra di pallavolo davvero speciale come la nazionale di Palestina è sicuramente un’impresa alla portata di Berruto. «Sono sinceramente emozionato e onorato», dice sorridendo l’ex ct azzurro che è pronto a rimettersi in gioco per una causa giusta. «Non entravo in una palestra da dieci anni. Per scelta, forse per rispetto verso una parte di me che aveva chiuso un cerchio perfetto. Ho trascorso venticinque anni ad allenare, ho avuto l’onore di guidare la Nazionale italiana di pallavolo maschile fino al bronzo olimpico di Londra 2012. Non pensavo di poter avere nulla di più. Ora, dieci anni dopo, accadrà di nuovo», spiega Berruto che ha già il biglietto aereo pronto per volare a Ramallah dai pallavolisti palestinesi. «Sarò lì nell’ultima settimana di novembre. Quello è il periodo in cui tornerò ad allenare. Lo farò nel posto più simbolico e fragile che si possa immaginare: la Palestina. Su invito del Comitato Olimpico Palestinese e della Federazione Palestinese di Pallavolo, avrò l’onore di diventare per qualche giorno il Commissario Tecnico della Nazionale Palestinese di pallavolo maschile – spiega Berruto -. Condurrò una serie di allenamenti con la squadra nazionale, corsi di formazione per allenatori e sportivi palestinesi, e parteciperò a incontri istituzionali dedicati allo sviluppo dello sport e alla diplomazia sportiva. Partirò per questo viaggio nel significato più profondo dello sport con Ouidad Bakkali, Laura Boldrini, Sara Ferrari, Valentina Ghio e Andrea Orlando. Insieme, porteremo un messaggio di pace, dialogo e cooperazione, convinti che lo sport possa ancora essere un linguaggio di riconciliazione». L’ultima panchina per l’ex ct era stata quella dell’Italia, da cui si era dimesso dieci anni fa, il 29 luglio 2015, poi la Scuola Holden di Torino, l’Università di Genova dove insegna “sport e politica” fino all’ingresso in Parlamento, ma la voglia di rimettersi in gioco e di «educare e formare giovani» che è il suo mantra, non è mai passata, neanche dopo essersi seduto sulla poltrona di Montecitorio. La panchina è la sua postazione ideale e lo conferma alla vigilia di questa nuova avventura: «Allenare una nazionale, in qualunque parte del mondo, è sempre un privilegio. Allenare quella palestinese, oggi, è qualcosa di più grande: è un atto di fiducia nello sport come respiro di libertà. Torno in palestra, dopo dieci anni, per restituire un po’ di quel dono che lo sport mi ha fatto per tutta la vita: la possibilità di credere che anche nei luoghi più difficili, un campo da gioco possa ancora essere luogo di coraggio e speranza nel futuro». A Ramallah Berruto troverà una realtà fortemente provata dai venti di guerra che spirano ancora nonostante la tregua e uno sport palestinese che conta oltre 800 atleti iscritti nella lista luttuosa delle vittime cadute sotto le bombe israeliane. Anche la nazionale di pallavolo piange ancora quattro suoi “martiri” di guerra, morti lo scorso 19 giugno: Ibrahim Qusai’a, Hassan Abu Zaiter, Ahmad Al-Mufti e il coach Wissam Jadallah che li aveva guidati nei campionati arabi del 2016. «Mi piacerebbe pensare, come diceva Nelson Mandela, che lo sport abbia il potere di cambiare il mondo - dice Berruto - Non ne sono convinto, ma sono assolutamente certo invece che ognuno di noi abbia il dovere di mettersi a disposizione per cambiarlo in meglio, questo mondo, facendo bene ciò che sa fare. E nel mio caso è stato proprio lo sport a insegnarmi tutto, impegno politico compreso».

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