La Garante ai Comuni: «Più strade chiuse al traffico. Ma aperte al gioco»
L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza propone a 200 città italiane medio-grandi di trasformare vie e piazze in spazi di aggregazione libera per i giovani. E presenta un finanziamento

«Esco in strada a giocare» è una frase che i bambini di oggi invidiano a quelli di ieri, i quali – quando il traffico era poco o proprio inesistente – potevano permettersi di scorrazzare negli spazi vicino a casa senza correre rischi. Recuperare uno spazio di gioco urbano per i ragazzi è l’obiettivo di “Strade in gioco”, un bando che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha indirizzato a quasi duecento Comuni italiani medio-grandi per aiutarli a chiudere al traffico alcune zone della città e trasformare vie, parcheggi e piazze in luoghi di aggregazione giovanile.
«L’idea – ci spiega il senso dell’iniziativa la garante Marina Terragni – mi è venuta leggendo “La generazione ansiosa” di Jonathan Haidt che suggeriva di muoversi su due fronti: da un lato impedire ai ragazzini di accedere troppo presto ai social network e dall’altro di favorire tra i giovanissimi relazioni in carne ed ossa, ma libere dall’organizzazione adulta e dalla loro vigilanza».
Proprio con il doppio obiettivo di disconnettere i ragazzi dal digitale e riportarli ad amicizie offline, la Garante ha dunque rispolverato le “play streets”, porzioni di cemento dove i bambini giocavano nei sovraffollati quartieri operai di Londra negli anni Trenta e che poi sono state rispolverate nel primo decennio del Duemila da due mamme di Bristol. La loro associazione “Playing out” chiedeva al Comune di chiudere una via in certi orari così da poter far giocare i propri figli in sicurezza. La mozione delle due donne fu accettata e poi replicata in centinaia di altre città inglesi fino a contaminare anche altri Paesi, a cominciare da Belgio e Paesi Bassi dove le “speelstraten” non si contano più.
Anche l’Italia non è rimasta immune alla proposta e lungo la Penisola le strade scolastiche sono ormai numerose. Secondo l’organizzazione Clean Cities Campaign, la città italiana che conta il maggior numero di vie chiuse al traffico e aperte al gioco dei ragazzi è Milano che negli anni ha messo a punto un progetto ad hoc, intitolato "Piazze Aperte per ogni scuola", per promuovere la trasformazione delle zone vicino alle scuole in aree pedonali e vivibili per gli studenti. Nella classifica seguono Torino e Bologna; mentre in fondo, con zero progetti censiti dall'organizzazione, sta Roma.
Ora però il progetto del Garante mira a dare nuova linfa all’iniziativa. Concretamente 198 Comuni tra i 10mila e i 200mila abitanti, e con una densità abitativa di almeno 1.500 abitanti per chilometro quadrato, fino al 21 ottobre possono presentare il proprio progetto di trasformazione urbana. Non c’è bisogno di dare il via a grandi ristrutturazioni edilizie: le strade per i ragazzi si accontentano di essere chiuse al traffico e poi riempite di fioriere, tavoli, cassette per lo scambio di libri ma anche murales e decorazioni a pavimento che invogliano a stare in quello spazio altrimenti anonimo.
A chi le chiede se non c’è il rischio che i ragazzi finiscano per ritrovarsi insieme ma ognuno a fissare il proprio spazio, Terragni risponde: «Parlando con i ragazzi, mi rendo conto che sono loro stessi che mi parlano della necessità di “safe spaces”, spazi liberi dalla sorveglianza della rete e dal giudizio che online è definitivo e che – se sbagli o fai qualcosa non apprezzato dalla maggioranza dei follower – ti condanna per sempre. In loro sta nascendo una forma di resistenza e sono loro stessi ad avere capito l’importanza di cambiare la rotta».
Per ora le risorse stanziate non sono molte: appena 450mila euro che andranno a coprire quindici progetti selezionati per un massimo di 30mila euro ciascuno e i primi due anni di attività. E dal bando sono esclusi i paesini più piccoli dove, secondo la Garante, «i ragazzi hanno più naturalmente modo di incontrarsi». «L’idea – conclude Terragni – è dare un segnale sperando che anche altri Comuni decidano di seguire questa iniziativa con fondi propri».
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