Il Consiglio Europeo si spacca su Israele. Dazi Usa, verso un nuovo rinvio
Discussione sulle responsabilità crescenti degli israeliani, poi si rinvia a metà luglio. Intanto la Casa Bianca apre sui dazi all'Europa: la scadenza della sospensione potrebbe non essere il 9 lu

Sui rapporti con Israele l’Unione Europea rinvia a luglio una possibile decisione. Ieri al Consiglio Europeo si è confermata la ben nota spaccatura dei Ventisette sullo Stato ebraico, il tema è stato oggetto di una discussione nel pomeriggio al vertice Ue, a fronte di un primo rapporto del Servizio di azione esterna guidato dall’Alto rappresentante Kaja Kallas, chiesto da 19 Stati membri a maggio. Un rapporto riservato che, secondo vari media, parla di «attacchi indiscriminati», «riduzione alla fame», «tortura» e «apartheid» contro i palestinesi, con «indicazioni che Israele sia in violazione dei suoi obblighi sul fronte dei diritti umani» come previsto dall’articolo 2 dell’Accordo di associazione.
Intanto, mentre i 27 leader si apprestavano a sedersi alla cena di lavoro sui rapporti tra Stati Uniti e Europa, da Oltreoceano è arrivata la notizia che potrebbe ammorbidire la trattativa sulle tariffe. «La scadenza potrebbe essere prorogata, ma è una decisione che spetta al presidente», ha annunciato la Casa Bianca. E il rinvio oltre il 9 luglio fa parte di una precisa strategia: la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, stando a fonti vicine al dossier, ha infatti informato i leader dell'arrivo della controproposta americana sulle tariffe. Un documento che andrebbe a delineare "un accordo provvisorio" tra le controparti e su cui la presidente della Commissione si è presa il tempo necessario di studiare le carte senza entrare nel dettaglio. Ma a quanto si apprende non è proprio un ramoscello d'ulivo, quello arrivato dal presidente americano.
Non solo appare inevitabile una soglia minima del 10% di dazi sui prodotti europei ma viene chiesto anche maggiore acquisto di Gnl e materie critiche, tra cui il combustibile per il nucleare. I leader - a partire dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il presidente di turno dell'Ue, il premier polacco, Donald Tusk - si affidano a von der Leyen a cui esprimono "piena fiducia" nel lavoro di negoziati. E lei ha ribadito la linea: «Oggi abbiamo ricevuto l'ultimo documento statunitense per ulteriori negoziati. Lo stiamo valutando proprio ora. Quindi il nostro messaggio è chiaro: siamo pronti per un accordo. Allo stesso tempo, ci stiamo preparando all'eventualità che non si raggiunga un accordo soddisfacente, per questo abbiamo lanciato una consultazione su una lista di riequilibrio e difenderemo gli interessi europei secondo necessità. In breve, tutte le opzioni restano sul tavolo».
I leader - a partire dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il presidente di turno dell'Ue, il premier polacco, Donald Tusk - si affidano a von der Leyen a cui esprimono "piena fiducia" nel lavoro di negoziati. E lei ha ribadito la linea: "Oggi abbiamo ricevuto l'ultimo documento statunitense per ulteriori negoziati. Lo stiamo valutando proprio ora. Quindi il nostro messaggio e' chiaro: siamo pronti per un accordo. Allo stesso tempo, ci stiamo preparando all'eventualità che non si raggiunga un accordo soddisfacente, per questo abbiamo lanciato una consultazione su una lista di riequilibrio e difenderemo gli interessi europei secondo necessita'. In breve, tutte le opzioni restano sul tavolo".
Tornando ai rapporti con lo Stato d’Israele, vari Stati membri chiedono ora una sospensione dell’accordo di associazione (tra questi Spagna, Irlanda, Belgio, Slovenia). La Francia, in una dichiarazione congiunta con Regno Unito e Canada del 19 maggio, ha già minacciato «concrete misure» allo Stato ebraico. «A meno che l'Ue non faccia qualcosa di concreto oggi o nel giro di due settimane, allora ogni Stato membro, compresa la Slovenia e alcuni Paesi che la pensano come noi – ha avvertito ieri il premier sloveno Robert Golob - dovrà fare i prossimi passi da solo». «I cittadini europei – ha dichiarato anche il premier irlandese Micheál Martin - trovano incomprensibile che l'Europa non sembri in grado di fare pressione su Israele per fermare questa guerra a Gaza, per fermare il continuo massacro di bambini e civili innocenti. La guerra deve finire». Ancora più duro il premier spagnolo Pedro Sanchez. «È più che evidente – ha tuonato – che Israele sta violando l’articolo 2 dell’accordo. Abbiamo varato 18 pacchetti di sanzioni contro la Russia per la sua aggressione e l’Europa, con i suoi doppi standard, non è capace di sospendere un accordo di associazione». Una sospensione la chiede anche il Partito socialista europeo (e, in Italia, i leader di Pd, M5s e Avs).
Niente da fare: soprattutto Berlino, per evidenti ragioni storiche, non vuole saperne di una sospensione, che richiederebbe l’unanimità, sostenendo che sia fondamentale mantenere un «canale» aperto con Israele. Sulla stessa linea anche Roma e Vienna (anche se quest’ultima era tra quanti avevano chiesto il rapporto al Seae), contraria pure l’Ungheria. Il risultato è la classica soluzione Ue: rinviare. Nel testo di conclusioni si «prende nota del rapporto» del Seae e si «invita il Consiglio (dei ministri Ue, ndr) a continuare le discussioni su un seguito appropriato, a luglio 2025, tenendo conto della situazione sul terreno». Se ne riparla insomma al Consiglio Esteri in calendario a Bruxelles il 15 luglio, anche se pochi scommettono che anche in quell’occasione si arriverà a decisioni. Intanto Kallas e vari ministri degli Esteri Ue sono in contatto con il governo di Gerusalemme: la speranza è che nel frattempo Israele passi a più miti consigli, complice anche il pressing di Donald Trump.
Almeno, i Ventisette sono uniti sulla necessità che Israele interrompa i bombardamenti e consenta gli aiuti. E su questo il testo di conclusioni è decisamente più duro di passati analoghi testi. Si parla di «catastrofica situazione umanitaria a Gaza», con la richiesta di una «tregua immediata e (a Hamas, ndr) la liberazione incondizionata degli ostaggi», con una «cessazione permanente delle ostilità». Si «deplora la situazione umanitaria a Gaza, l’inaccettabile numero di morti tra i civili e i livelli di fame». Allo Stato ebraico i leader chiedono di «togliere completamente il blocco a Gaza e consentire la distribuzione libera e prolungata di assistenza umanitaria», avvertendo che «Israele deve pienamente rispettare i suoi obblighi di diritto internazionale, incluso il diritto umanitario». C’è anche una «forte condanna per l’escalation in Cisgiordania incluso Gerusalemme Est, seguita alle crescenti violenze da parte dei coloni». Contro quelli più estremisti l’Ue ha già imposto sanzioni e le conclusioni annunciano che ce ne saranno ulteriori, al pari di misure aggiuntive contro Hamas.
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