Geraldine, Ramona, Raisa: le donne continuano ad essere uccise
La prima era fuggita dal Perù e dall'ex violento, ma l'ha inseguita fino a Macherio. La seconda strangolata dal compagno. Per la terza si sospetta un vicino. Il 22 luglio in Senato il ddl femminicidio

L’ha seguita in capo al mondo. E no, anche questa volta non era per amore. Geraldine Yadana Sanchez aveva 34 anni ed era madre di due figli, di 14 e 17 anni. Sono loro che ieri verso la mezzanotte, non vedendola rientrare sono usciti a cercarla. L’hanno trovata per strada: il corpo riverso vicino a un edificio abbandonato e fatiscente, a pochi passi dalla loro casa. Sempre loro hanno lanciato l’allarme ai soccorritori, che invano hanno provato per ore a rianimarla. Secondo le prime ricostruzioni, i tre avevano lasciato il Perù circa un anno fa proprio per sfuggire alle violenze dell’ex marito della donna e padre dei due ragazzi, un 33enne, anche lui peruviano, già più volte denunciato dalla vittima. Qui la madre aveva ricominciato, iniziando a lavorare come colf e badante. Ma non è bastato. L’ex li ha seguiti fino a Macherio (Monza), città in cui si erano trasferiti. È lì che, se verranno confermati i sospetti, l’uomo avrebbe ucciso la 34enne.
Sul suo corpo sono già stati rilevati segni di strangolamento. L’ex partner di Sanchez è stato fermato come indiziato di omicidio volontario e atti persecutori: portato in caserma per parlare in presenza del magistrato di turno, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nelle prossime ore si avranno sicuramente maggiori dettagli sulla vicenda, ma il sospetto che si tratti dell’ennesimo femminicidio interroga nuovamente le istituzioni, specialmente a pochi giorni dal prossimo appuntamento sul disegno di legge che introduce il reato di femminicidio, atteso per il 22 luglio al Senato. In questi giorni, tra l’altro, quello della 34enne peruviana non è l’unico caso di femminicidio che va segnalato, a conferma dell’urgenza di intervenire su questo tema in modo strutturale.
Sempre ieri è stato arrestato Daniele Re, 34 anni, compagno di Ramona Rinaldi, la donna 39enne che fu trovata impiccata nel bagno di casa a Veniano, in provincia di Como, il 21 febbraio scorso. È indagato per omicidio volontario aggravato e maltrattamenti. L’uomo aveva raccontato di averla trovata morta nella loro casa. Secondo la procura, però, anche Rinaldi sarebbe stata strangolata dal partner, che avrebbe poi simulato il suicidio. Troppi gli indizi che fin dall’inizio hanno alimentato il sospetto: dalla lavatrice azionata con dentro gli indumenti di lei, come nel tentativo di cancellare delle tracce, alle incongruenze sulla ricostruzione fornita e l’ora effettiva della morte. Secondo alcuni conoscenti la donna voleva lasciarlo.
Da oggi, c’è un indagato anche nella vicenda della badante di origine russa trovata morta lo scorso 12 luglio nel greto del torrente Longano, a Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese. Anche in questo caso, in un primo momento si era ipotizzato che quello di Raisa Kiseleva, 75 anni, fosse stato un gesto volontario, ma adesso si indaga su un 60enne suo vicino di casa, per vagliare altre ipotesi.
Dall’inizio dell’anno al 30 giugno, secondo i dati del ministero dell’Interno, le donne vittime di un partner o ex sono almeno 34. Si arriva a 45 se si contano anche quelle uccise in ambio familiare e affettivo. Ma il fenomeno è molto più ampio. Il delitto spesso è preceduto dai cosiddetti reati spia, come maltrattamento e persecuzioni, non solo verso la persona uccisa, ma anche verso altre donne. Per fare un esempio, un’amara coincidenza vuole che ieri arrivasse anche la condanna a 3 anni e 8 mesi per maltrattamenti verso la madre e la sorella a Moussa Sangare, già in carcere per l’omicidio di Sharon Verzeni, la sconosciuta che ha accoltellato a morte il 30 luglio 2024 a Terno d’Isola (Bergamo). I fatti risalirebbero al 2019, ma l’ultima denuncia delle familiari è stata presentata a maggio del 2024: solo due mesi prima dell’omicidio di Sharon.
E anche se questa carrellata di orrori è probabilmente sufficiente a dare la misura di quanto ci sia ancora da fare nel nostro Paese, va detto che nelle stesse ore sono stati tanti altri i casi di violenza consumata, non sempre finiti nella cronaca. Nel Messinese, per esempio, è stato arrestato in flagranza un uomo di 39anni che stava picchiando la moglie davanti ai figli. Nell’arco delle stesse 24 ore ad Acerra, in provincia di Napoli, un 20enne ha investito in sella allo scooter l’ex di 19 anni perché non accettava che la relazione durata nove mesi fosse finita da cinque.
Davanti a queste fotografie di una giornata come tante in Italia, viene da chiedersi a che punto siamo. Lascia ben sperare sulla consapevolezza degli italiani il fatto che il provvedimento di questo governo più apprezzato dalla popolazione riguardi proprio l’inasprimento delle leggi su femminicidio e violenza domestica, secondo quanto rileva il sondaggio di Youtrend per Sky TG24 sui primi mille giorni del Governo Meloni. Dati che sicuramente incoraggiano anche ad andare avanti sul ddl. Ma sarà sufficiente? Da giuriste esperte e centri antiviolenza sono già state sollevate delle perplessità: sull’indeterminatezza del reato, sul rischio di vittimizzazione secondaria e sul fatto che in altri Paesi l’introduzione di questa fattispecie non ha portato alla diminuzione dei femminicidi. Ben vengano, insomma, le nuove norme, ma il rischio è che si riducano a propaganda, senza estirpare la radice del fenomeno della violenza di genere. Il ddl prevede anche misure di tutela rafforzata per le vittime, ma come ha ricordato negli scorsi giorni D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, parallelamente servono azioni coordinate di prevenzione e formazione che stanzino fondi adeguati.
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