Facciamo il punto su quanto sono costati finora i centri in Albania
La spesa pro capite supera il doppio di quella di altri Cpr. Poi ci sono i trasferimenti, il vitto e l'alloggio delle forze dell'ordine. I dati di ActionAid

Il Consiglio Affari interni dell’Unione europea, ieri, ha redatto una lista di Paesi di origine sicuri che il Governo attende almeno dall’ottobre 2024. Da quando, cioè, sono operativi i centri in Albania. Nella lista, infatti, si trovano anche Bangladesh ed Egitto, i Paesi da cui provenivano la maggior parte delle persone migranti che sono state “rimbalzate” tra i porti italiani e Shengjin nei mesi autunnali dello scorso anno. In altre parole, gli Stati che i giudici italiani non hanno ritenuto sicuri, decretando di fatto – con la conferma di una sentenza della Corte di giustizie dell’Ue – la chiusura, almeno per il momento, dei centri albanesi al trattenimento di chi ha fatto richiesta di protezione internazionale. Oggi le strutture di Shengjin e Gjader ospitano solo persone su cui grava un decreto di espulsione, ma le cose potrebbero cambiare se la decisione di ieri dei ministri europei resistesse alla prova della negoziazione con il Parlamento di Bruxelles, che con un regolamento potrebbe rendere pienamente operativi i centri in Albania, nati per smistare circa 36mila persone all’anno. Il condizionale è d’obbligo: al momento, il Consiglio Affari interni ha riformato solo il concetto di “Paese terzo sicuro”, ma non ha approvato la possibilità di una struttura a giurisdizione italiana fuori dai confini. E, con questa prospettiva, la riforma dell’Ue potrebbe dare avvio a una nuova stagione di ricorsi. Ma, nel frattempo, i centri in Albania, che sopravvivono come Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), quanto costano? E quanto costerebbero se lavorassero a pieno regime?
Quanto costano i centri al giorno
Ha tentato di rispondere ActionAid, che ha depositato alla Corte dei Conti un esposto «per denunciare lo spreco di risorse dell’operazione Albania», fornendo dati ottenuti con richieste di accesso civico. La risposta breve è che pro capite e pro die, le strutture di Gjader costano quasi il triplo del Centro di trattenimento per richiedenti asilo (Ctra) di Modica (76,57 euro contro i 28,55 del centro siciliano), ritenuto un modello per la gestione dei richiedenti asilo in Albania. E oltre il doppio di qualsiasi altro Cpr (108,04 euro contro una media che non supera i 50), con l’unica eccezione del centro di Milano che tocca quota 82,22 euro al giorno per detenuto. «Il primo paragone che abbiamo fatto – commenta ad Avvenire Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid – è proprio quello con il modello siciliano, perché tutto quello che abbiamo esportato in Albania lo abbiamo già sperimentato in Italia». Ma con costi maggiori, a partire dalla costruzione dei centri.
I costi della costruzione
Stando ai dati richiesti da ActionAid, gli stanziamenti definitivi per l’allestimento delle strutture ammontano a 73,5 milioni di euro. In generale, per l’avvio dei centri la Difesa ha bandito gare per 82 milioni di euro e firmato contratti per oltre 74 milioni, di cui effettivamente erogati oltre 61 milioni. Più del doppio rispetto ai 31,2 milioni di euro inizialmente previsti per i lavori. La differenza con la costruzione di un Ctra in Italia è netta: a bilancio del ministero della Difesa, ad esempio, risulta uno stanziamento di circa 8 milioni di euro per la costruzione della struttura di Trapani. I motivi, secondo ActionAid, sono da ricercare anche nell’instabilità della località scelta per le strutture: «Il centro di Gjader – si legge nel report – è sorto ai piedi di una montagna instabile. Per consolidare il terreno sono stati necessari 7mila pilastri di cemento armato, drenaggi e impermeabilizzazioni». Non solo. La carenza di manodopera dovuta al periodo estivo, secondo la Ong, «è stata aggirata aumentando i salari esponenzialmente»: «Si è venuta a creare una sorta di economia di emergenza da cantiere – spiega Coresi – per cui le paghe degli operai sono state di molto sovraordinate: la società che ha preso le maggiori commesse, nel lasso di tempo della costruzione di questi centri, ha incassato quello che normalmente prende dal Governo albanese in cinque anni».
Spese accessorie, vitto e alloggio
Il ministero della Difesa, oltre a quanto stanziato per gli allestimenti, ha previsto spese accessorie per oltre 2,6 milioni di euro. Si tratta soprattutto di trasferimenti, compensi e indennità di missione per i militari di Marina e Carabinieri. Altri due milioni di euro sono stati erogati, invece, complessivamente dai ministeri dell’Interno e della Giustizia. In generale, fornire vitto e alloggio al personale di polizia è nettamente più caro in Albania: se nel Cpr di Macomer (Nuoro) costa 5.884,80 euro al giorno, in Albania per 120 ore di concreta operatività nel 2024, è costato quasi 18 volte in più: 105.616 euro al giorno. Il corollario è che, se davvero i centri funzionassero a pieno regime, queste sarebbero le spese da sostenere ordinariamente. Ma non sono le uniche: «L’andata e il ritorno dall’Italia all’Albania, per chi è detenuto nei Cpr, ha un costo che ovviamente non si deve sostenere nei centri italiani – conclude Coresi –. Ma, per stimare la spesa complessiva dei centri, mancano ancora molti dati, a partire dal numero di persone detenute ogni settimana nel Cpr».
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