Convivere e condividere: storie di cohousing nella terza età

Dall'esperienza di Sant’Egidio o della Rsa Residence del Frate, fino all’housing diffuso di Yourease e Consorzio Fabrica con l’aiuto di tecnologia e IA: così cambia l'abitare dopo i 60 anni
July 28, 2025
Convivere e condividere: storie di cohousing nella terza età
Housing diffuso in Toscana, realizzato da Yourease e Consorzio Fabrica
Alcuni vivono con i propri coetanei, condividendo tra coinquilini risorse, interessi e divertimento, ma anche aiutandosi nei momenti di difficoltà. Altri preferiscono vivere da soli, ma sono sempre più interconnessi e meno isolati grazie al digitale: è così che, in un Paese sempre più vecchio, modelli abitativi che una volta avremmo immaginato destinati solo ai giovani stanno diventando via via più diffusi anche tra gli anziani, offrendo alle persone l’opportunità di essere assistiti senza rinunciare ai rapporti sociali o alle proprie identità.
Permettere agli anziani di continuare a essere sé stessi, senza sradicarli dal tessuto sociale come a volte accade nelle Rsa più tradizionali: sono questi i punti di partenza che hanno mosso per decenni l’iniziativa di co-housing ideata dalla Comunità di Sant’Egidio in diversi luoghi. Ce ne racconta un esempio Daniela Sironi, responsabile di Sant’Egidio in Piemonte che ha costruito una rete di co-housing tra Novara e Torino: «Occuparsi degli anziani in una società che invecchia vuol dire pensare al futuro. Le alternative sono due. O ci arrendiamo a un universo concentrazionario che espelle sempre più gli anziani dalle città oppure pensiamo a forme nuove di presenza, difendendo la possibilità di tutti di vivere in una casa normale e in una dimensione familiare». Il modello consolidato da Sant’Egidio in Piemonte a partire dalla fine degli anni ’80 consiste in genere in appartamenti in cui gli over 65 vanno ad abitare in gruppi di tre o quattro. «Si condividono necessità, come la badante, ma anche risorse, non solo economiche – racconta ancora Sironi –. Uno degli ultimi anziani entrati, per esempio, faceva il pittore e quindi gli abbiamo ricavato uno spazio dove continuare a dipingere e coltivare questo interesse anche con altri. Si tratta di non buttare via le vite, ma di consentire loro di esprimere tutto quello che c’è ancora da dare e da dire, accompagnandoli nell’ultimo tratto». Si fa vita di famiglia, appunto, dalla tombolata con i coinquilini alla festa di compleanno o la visita dei nipoti. Anche persone fragili economicamente, che non vogliono o non possono andare in Rsa e sono ancora abbastanza autosufficienti, possono permettersi di vivere come vogliono, «essere quello che sono fino alla fine». Il tutto con una maggiore sicurezza rispetto a quella che si avrebbe stando da soli. Il modello è flessibile e permette a ogni nuovo inquilino di portare con sé pezzi di vita passata, mobilia o oggetti cari. Perché, come dice una delle signore che abita in questi appartamenti, «quando vedo le mie cose, so di essere a casa mia». Le case vengono poi aperte alla comunità, per esempio attraverso le attività di volontari che vanno a fare compagnia agli anziani o quelle di studenti che li incontrano per i percorsi Pcto.
Oltre Sant’Egidio, sono tante le realtà che, spinte dall’aumento dell’aspettativa di vita, hanno provato a ripensare il periodo comunemente definito “della terza età” rivolgendosi anche a esigenze e target diversi. Tra queste c’è la Rsa Residence del Frate, che in una sede dal forte valore storico, situata a Bairo nel Canavese, ha avviato un’iniziativa per unire cura, socialità e valorizzazione del patrimonio, offrendo non solo un’abitazione, ma anche un ambiente stimolante. Il progetto lanciato si chiama “Historic co-housing for senior” e nasce da due ragionamenti. «Il primo è che quando si diventa “grandi” è giusto scegliere stili e modalità di vita coerenti alle proprie esigenze e alla propria storia», il secondo «riguarda la possibilità di garantire ampi spazi residenziali personalizzabili e dotati di ogni confort», racconta Gabriele Ponte, terza generazione nell’azienda di famiglia. Spazi per la lettura e per l’ascolto musicale, un cinesalotto, un salone storico affrescato dove si organizzano incontri e feste, una tisaneria: sono solo alcuni esempi di come il Residence si è riorganizzato «per garantire di vivere, per periodi brevi o lunghi, l’esperienza di una casa comune» svolgendo attività insieme, ma mantenendo l’indipendenza di ciascuno e «un equilibrio tra socialità e privacy».
Se da una parte per migliorare la qualità della vita degli anziani molti progetti si concentrano sulla prossimità fisica, dall’altra in parallelo grazie alle tecnologie si stanno sperimentando nuove frontiere concentrate invece sulla prossimità digitale. Ne è un esempio il modello di “Senior Housing Diffuso”, un progetto realizzato in Toscana da Yourease, startup che punta a rendere la tecnologia un’alleata della longevità, e Consorzio Fabrica, realtà che si occupa delle questioni abitative, finanziata con i fondi Pnrr attraverso due Società Della Salute e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio. «Siamo partiti dall’idea di progettare una tecnologia accessibile e inclusiva. Attraverso i dispositivi Amazon Alexa e la nostra piattaforma centralizzata, ogni anziano può rimanere nella propria casa e con semplici comandi vocali avere stimoli cognitivi, compagnia e supporto emotivo, anche da un’IA su misura, oltre a poter coltivare interessi e relazioni con amici e parenti», racconta Anna Maria Gentile, managing director di Yourease. La tecnologia – sperimentata prima in un condominio per anziani che offre anche assistenza e attività condivise pur vivendo in appartamenti – è arrivata ora in diverse case del territorio, fino a raggiungerne circa 100. «Abbiamo messo in relazione persone che abitano distanti sulla base di hobby comuni, ma anche riallacciato rapporti con familiari», aggiunge invece Letizia Sgalambro, coordinatrice del progetto per il Consorzio. «Il mio slogan è “aiutiamoli a casa loro, ma con un senso completamente diverso», sorride. Attraverso semplici funzioni le persone, che hanno potuto aderire gratuitamente, vengono monitorate sia da Alexa che dagli operatori del Consorzio, a distanza o di persona.
Che si tratti di condividere un tetto o uno spazio virtuale, di solitudine, fragilità economica o entrambe, il punto è dare alla vecchiaia la possibilità di non essere solo attesa della fine, ma vita piena. Il senso di questi progetti lo racchiudono, infine, alcune lettere che gli anziani coinvolti mandano agli operatori del Consorzio Fabrica, con frasi come “Mi avete cambiato la vita” o “Con voi sono rinata”.

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