Chi torna, chi innova: i talenti fanno rivivere i borghi del Sud

Si moltiplicano le opportunità offerte dai piccoli Comuni del Mezzogiorno anche per battere lo spopolamento: «Il preoccupante svuotamento dei territori non sia un fenomeno irreversibile»
July 25, 2025
Chi torna, chi innova: i talenti fanno rivivere i borghi del Sud
Credit: Naeblys / Alamy Stock Photo |
Tra le colonne doriche e il silenzio antico della Certosa di Padula, oggi risuona il clic delle tastiere dei portatili. Il complesso monastico nel Salernitano, secondo per grandezza in Europa, ospita i «Monaci digitali», un gruppo di sviluppatori, grafici e progettisti che ha trasformato celle e refettori in scrivanie con wi-fi a un gigabit: dove per secoli si è pregato, oggi si programmano app e si tengono corsi gratuiti per le piccole imprese del Vallo di Diano e per il resto d’Italia. È la fotografia di un Sud che prova a invertire la rotta dello spopolamento puntando su un antidoto d’eccellenza: il digitale.
Richard Florida, teorico statunitense di studi urbani, chiama in causa tre «T» – Tecnologia, Talento, Tolleranza – per spiegare perché alcuni luoghi crescono e altri no. In Italia, però, alla triade va aggiunta una quarta lettera: la S dei Servizi essenziali: senza scuole, sanità e trasporti affidabili, la banda larga rischia di restare un guscio vuoto. È il limite che Mariarita Sciarrone, redattrice di Avvenire di Calabria e nomade digitale, tocca con mano ogni giorno nei paesi dell’entroterra reggino: «Penso che ci siano dei lavori più di altri che possono essere davvero svolti ovunque: serve solo una buona rete Wi-Fi e spazi confortevoli» racconta ad Avvenire. «In questo senso il digitale può davvero essere una leva importante per evitare lo spopolamento delle aree interne e, più in generale, per ridurre quella migrazione continua verso nord che negli ultimi decenni ha svuotato tanti territori del Sud». Allo stesso tempo, osserva con amarezza che il nuovo Piano strategico nazionale per le aree interne non investe sufficientemente in innovazione, prevedendo così, per certe zone «un percorso di spopolamento irreversibile, quasi come se ci si arrendesse a un destino già scritto».
Di ritorni parla anche Maria Grazia Romeo, trentunenne digital strategist che dopo la laurea e un impiego a Roma è rientrata a Guardavalle, sullo Ionio: «Il digitale ha abbattuto molte barriere, mi permette di vivere in un luogo che amo, vicino agli affetti, e con l’ufficio vista mare, senza rinunciare alla mia crescita professionale» spiega. Oggi segue aziende calabresi del turismo e clienti milanesi dalla sua scrivania vista mare, ma avverte l’esigenza di infrastrutture sociali: «Mi piacerebbe ci fossero più spazi di coworking o luoghi condivisi dove poter lavorare e confrontarmi con altri professionisti». In un paese di tremila abitanti, Romeo svolge un mestiere che fino a pochi anni fa sembrava inconciliabile con la provincia e ricorda che chi torna non cerca la metropoli in miniatura: «Anzi, penso che chi sceglie di rientrare abbia anche la possibilità – e forse la responsabilità – di contribuire a costruire qualcosa di nuovo e prezioso».
La tecnologia, quindi, è la prima condizione per una nuova primavera delle aree interne. In Campania e Calabria, la fibra del piano “Italia a 1 Giga” avanza nei cosiddetti borghi bianchi, i luoghi dove gli operatori privati non investono perché i numeri non garantiscono profitto. Ma la connessione non basta se non si aggancia al Talento: i giovani potranno anche tornare, ma resteranno solo se potranno mettere in pratica le competenze acquisite. Qui entrano in gioco iniziative come quella di Guardavalle, che trasforma locali vuoti del centro storico in micro-uffici attrezzati, o come i voucher regionali che coprono fino al settanta per cento dei costi per le startup guidate da under quaranta. La terza T, Tolleranza, è forse la più sottovalutata. «Si tratta di immaginare territori che non si svuotano, ma che si riempiono di nuova vita, di nuove reti, di nuove opportunità» dice Sciarrone. La convivenza tra chi resta e chi arriva, il confronto con culture diverse, l’innesto di festival musicali o laboratori d’arte contemporanea in borghi medievali: tutti tasselli che rendono attrattivo un luogo e spezzano l’idea di provincia come sinonimo di chiusura. I Monaci digitali organizzano residenze artistiche e percorsi di digital detox, coinvolgendo la comunità locale nel restauro di stalle, mulini e frantoi abbandonati.
Infine la S dei Servizi, il vero banco di prova per politica e istituzioni. Chi lavora da remoto non pretende grattacieli o corse metro ogni tre minuti, ma chiede pediatri, sportelli bancari aperti oltre la mattinata, un autobus che colleghi la stazione ferroviaria alla costa, un pacco spedito che non resti fermo dieci giorni. I sei miliardi di euro che il Pnrr ha stanziato per le aree interne prevedono poli sanitari di prossimità, mense scolastiche potenziate e autobus a chiamata: senza questi tasselli, il digitale rischia di produrre nomadi di passaggio, non residenti stabili. La linea di fondo è chiara: la fibra è la condizione necessaria, ma non sufficiente per trasformare le aree interne. Talento, tolleranza e servizi completano la formula che può restituire futuro a montagne e colline date per perse. Là dove le quattro lettere si intrecciano, i chiostri tornano a riempirsi, le case sfitte si ripopolano, i giovani smettono di fare le valigie. Il Sud non è condannato a guardare partire i suoi figli se scommette sulla combinazione giusta: anche il paese più lontano dalle metropoli può diventare capitale di un nuovo modo di vivere e lavorare.

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