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QUEL CHE È STATO È STATO

José Tolentino Mendonça venerdì 20 gennaio 2017
Tutti ci portiamo dietro, dal passato, una quantità di domande senza risposta, che non di rado ci tengono ancora sotto sequestro. "Ah! Perché è andata così? Perché le cose non si sono svolte in un altro modo?". Deve però arrivare il momento in cui abbandonare simili domande: quel che è stato è stato. Se ci perdiamo a trapanare ossessivamente il passato, perdiamo la possibilità di accogliere la novità di grazia che ci trasforma nel presente. Il giudizio sul passato non è la cosa più importante, contrariamente a quanto noi pensiamo. L'importante è questa opportunità di vita che il Signore concede a ognuno di noi e che egli vuole che, a nostra volta, noi concediamo a noi stessi e agli altri. Sono inutili i regolamenti di conti che si trascinano nel tempo, o le interminabili lamentele sulle cose mal risolte. Il rischio è che la vita diventi, ancor di più, una preda in una foresta di fantasmi. Il passato è passato. Mi piace pensare a un'immagine suggerita da Paolo nella Lettera ai Filippesi: «So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta» (Fil 3,13-14). Il gesto di dimenticare, di lasciar quel che è stato dietro di sé, è un gesto spirituale necessario. Esiste un passato che condanna e, se non ce ne distanziamo, se non facciamo quel salto che la fede esige da noi, non saremo capaci di ricominciare.