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Italiani individualisti? Come ritrovare civismo e responsabilità

venerdì 10 aprile 2015
​Nell’istinto, nell’arte di rovinare l’ambiente fisico e morale in cui viviamo, noi italiani abbiamo pochi rivali. Passiamo la vita a mangiare “pane e politica”, ma il vero problema irrisolto è un altro: la debolezza del legame sociale, l’irresponsabilità civica. Contro questo tipo di vizio o carenza i governi non potranno mai fare altro che dare l’esempio e agire onestamente. Il resto tocca e toccherà sempre agli individui e alle comunità (se e quando si può parlare di comunità consapevoli e non di inerti aggregati umani).Proprio con il titolo “Responsabilità” è uscito domenica scorsa sul supplemento “La Lettura” del “Corriere della sera"”un bell’articolo di Donatella Di Cesare. Il suo discorso parte dalle consuete formule con le quali si sente di solito rinviare ogni responsabilità agli altri, alle “autorità competenti”, “a chi di dovere” eccetera.Il principio della divisione del lavoro, l’etica esclusiva del job e del ruolo, si traduce in scarico di responsabilità. Tempo fa un’elegante vigilessa, ferma all’angolo di una strada a parlare amichevolmente con un collega, a chi le segnalava il pericoloso pencolare di un cartellone pubblicitario, ha risposto che la questione non era di sua competenza. Ci si chiede che cosa significhi “vigilanza urbana”. Scrive Di Cesare: «La rinuncia ad assumere le proprie responsabilità erode ogni relazione, corrode la comunità. La corruzione nasce da qui. È un fenomeno etico prima ancora che politico». Si arriva così alla vecchia equivoca idea secondo cui gli italiani sarebbero “individualisti”. Invece, non lo sono affatto. Individualismo significa immaginazione e coraggio di prendere iniziative che si ritengono giuste anche andando controcorrente, assumendosi la responsabilità e il rischio delle proprie azioni.«Senza responsabilità" – continua Di Cesare – l’io non esiterebbe neppure»: e se negli ultimi decenni si è tanto parlato di filosofia morale commentando Emmanuel Lévinas e Hans Jonas, questo è perché «viviamo nell’epoca di una crescente deresponsabilizzazione».In Italia quest’epoca ha una storia lunghissima, che ci ha tolto la capacità di vedere come ogni atto irresponsabile peggiori la vita di tutti. Anche di chi lo compie.