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Bentornato Zanzotto con il canto dei luoghi, iniziazione alla poesia

Alfonso Berardinelli venerdì 31 gennaio 2014
Bentornato Zanzotto. Un libro come Luoghi e paesaggi (Bompiani), benché postumo e non progettato dall'autore, era stato da lui intuitivamente previsto e credo che potrà essere apprezzato come uno dei suoi libri migliori. Oltre che per la loro qualità letteraria, questi scritti possono, dovrebbero essere letti come presupposto e commento a tutta la poesia di Zanzotto.Il curatore Matteo Giancotti spiega bene nelle pagine introduttive il significato e il valore di queste diciotto prose. Emergono qui i capitoli di un «discorso ininterrotto sul paesaggio che Zanzotto ha svolto dentro di sé fin da ragazzo», passando dalla riflessione alla descrizione e alla «lode» dei luoghi più amati, per arrivare «all'invettiva contro gli scempi», disastrosi per la cultura dei luoghi, cominciati con il “boom economico” all'inizio degli anni sessanta.Perciò il libro aiuta a vedere con più precisione l'unità fra psiche, lingua e luogo, le tre dimensioni di tutta l'opera letteraria di Zanzotto. La psiche vive in simbiosi con la forma, l'estetica e l'etica dei luoghi, mentre questa esperienza, sempre in atto e in trasformazione, prende forma a sua volta nel linguaggio, nella sua stabilità (la tradizione poetica) come nelle sue ibridazioni e nei suoi traumi (la lingua parlata, i gerghi tecnici, il dialetto).L'interesse, l'amore di Zanzotto per i luoghi e i paesaggi è stato così intenso da sembrare anche più forte di quello rivolto agli esseri umani. Ma i luoghi, come la lingua, sono l'habitat culturale del genere umano. Una coscienza, una cultura che perda il senso del luogo e della lingua si disgrega e si aliena.Nel primo saggio del libro, Il paesaggio come eros della terra (scritto nel 2006 e che fonda teoricamente l'intera raccolta) Zanzotto ricorda l'endecasillabo di Foscolo «bella d'erbe famiglia e d'animali» come una visione, un programma che può permetterci di ritrovare quel Deus reconditus che si nasconde e si manifesta nella natura. Il paesaggio «irrompe nell'animo umano fin dalla prima infanzia con tutta la sua forza dirompente» ed è così che «il mondo costituisce il limite entro il quale ci si rende riconoscibili a se stessi».