Opinioni

L'appello. L'italia schieri con le vittime i suoi "corpi civili di pace"

Diego Cipriani sabato 12 marzo 2022

Caro direttore,
il 12 marzo, nel giorno in cui ricorre la memoria liturgica di san Massimiliano di Tebessa , martire nel 295 d.C., il Tavolo ecclesiale sul Servizio civile chiama a raccolta i giovani che svolgono il servizio civile negli Enti di natura ecclesiale. È un appuntamento che si ripete dal 2003 e che quest’anno, a causa della pandemia, viene rinviato al prossimo 21 aprile ad Assisi, nella speranza che la progressiva riduzione delle restrizioni consenta a centinaia di ragazze e ragazzi di incontrarsi, finalmente in presenza. Potrebbe sembrare inopportuno riproporre in questo momento storico la figura di un giovane che a vent’anni preferì la decapitazione piuttosto che accettare l’arruolamento nell’esercito romano.

«Non posso fare il soldato: sono cristiano», leggiamo negli Acta del martirio. Eppure, come disse papa Francesco nel 2016 in piazza San Pietro salutando i ragazzi del Servizio civile «imparate da lui a difendere i valori in cui credete ». E mai come in questo momento il valore da difendere è la pace. Come? Con le 'armi' della pace. Perché la storia insegna che la guerra produce solo la pace dei cimiteri, come stiamo vedendo da quindici giorni a questa parte.

Difendere la pace può significare, in tempo di pace, coltivare e far crescere il rifiuto della guerra come strumento per risolvere i conflitti, a cominciare dal non arrendersi alla fatalità del 'gli uomini si sono sempre fatti guerra'. Oggi scegliere il Servizio civile non può non significare un’opzione chiara per il rifiuto delle armi, per una difesa civile e non armata, per la nonviolenza che, come ha ricordato papa Francesco, non è solo un atteggiamento del singolo ma deve guidare anche i rapporti sociali e internazionali. In questa giornata, allora, il nostro sostegno va diretto a quanti stanno opponendosi alla guerra su ambedue i fronti.

Sappiamo che i movimenti pacifisti e nonviolenti sono sotto pressione sia in Russia sia in Ucraina, due Paesi in cui ancora vige la coscrizione obbligatoria e in cui il Servizio civile alternativo, pur riconosciuto formalmente, assume un carattere punitivo e discriminatorio oltre a essere difficilmente accessibile. Opporsi alla guerra, manifestare contro la guerra in corso sta costando caro a migliaia di persone. È importante allora, in prima istanza, bucare il muro della disinformazione e della censura per far giungere la nostra solidarietà. Ed è significativo che questo parta da giovani che qui hanno scelto di costruire la pace con i mezzi della pace e della solidarietà.

Una solidarietà che si comincia anche a organizzare per l’accoglienza di quanti stanno fuggendo dalla guerra e arrivano in Italia. Così come è avvenuto per la pandemia, il sistema del Servizio civile è pronto a mettersi a disposizione delle comunità e dei territori che si stanno aprendo all’accoglienza. Nei giorni scorsi abbiamo individuato e proposto alla ministra Dadone una serie di campi d’azione nei quali coinvolgere sin da subito gli operatori volontari del servizio civile.

Anche se la guerra, come ci auguriamo, dovesse terminare domani, tuttavia la scia di sangue e distruzione sarà così lunga che anche nei prossimi mesi (anni?) sarà importante continuare un impegno di condivisione con le vittime. E allora perché non pensare di coinvolgere i Corpi civili di Pace, di cui l’Italia da alcuni anni si è dotata, in un grande progetto straordinario che veda la presenza, già nelle prossime settimane, dei nostri giovani e delle nostre organizzazioni sia in Ucraina (quando le armi taceranno) sia nei Paesi confinanti? Sarebbe un’ottima occasione per riattualizzare ai giorni nostri l’esempio di un giovane che secoli fa subì il martirio per aver scelto la nonviolenza.

Tavolo ecclesiale Servizio civile