Opinioni

Il Vangelo secondo don Puglisi e il Papa. Gli eroi del sorriso che servono al mondo

Mauro Leonardi martedì 18 settembre 2018

La semina del Vangelo secondo don Puglisi e il Papa «Padre Pino era inerme ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio: non un bagliore accecante, ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. È la luce del dono, del servizio. Abbiamo bisogno di tanti preti del sorriso, di cristiani del sorriso, non perché prendono le cose alla leggera, ma perché sono ricchi soltanto della gioia di Dio. Perché credono nell’amore vicino per servire.

È dando la vita che si trova la gioia perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere». Queste parole di papa Francesco pronunciate, anzi, scandite, sabato nel corso dell’omelia tenuta durante la celebrazione della Messa al Foro italico di Palermo, mi risuonano dentro, come cristiano e come prete. Mi metto in ginocchio e prego. Non so perché, la mente e il cuore mi vanno alla Genesi: a volte ciò che è più lontano illumina meglio ciò che è vicino. Come si mettono assieme la mitezza e la forza guerriera di non piegarsi al destino tremendo della mafia? Mi ricordo che paura e vergogna sono le conseguenze immediate del peccato, le due cappe di piombo che, immediatamente, ricoprono i nostri progenitori.

«Ho udito la tua voce nel giardino – dice Adamo, e poi aggiunge – ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» ( Gen 3,10). Accosto, non l’ho mai fatto prima, questo versetto della Genesi a una parola di Gesù: «Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» ( Mt 25,25). Lo faccio perché, finita la Messa in tv, ho visto un ragazzo ripetere un concetto espresso dal Papa: per realizzare i propri sogni è meglio correre il rischio di qualche figuraccia piuttosto che fare i pensionati del quieto vivere. Indubbiamente l’uomo della parabola che nasconde il talento sottoterra può essere definito così: un pensionato del quieto vivere.

Avevo sempre associato la vergogna alla nudità fisica, ma Puglisi (santo dal sorriso forte) e un ragazzo qualsiasi, mi fanno capire che vivere in modo tenero e forte significa non solo esporre la pelle e il corpo, ma anche il cuore. Il beato Pino Puglisi viveva col cuore esposto. Correva il rischio delle figuracce, del fallimento. Non solo tra sé e sé, ma di fronte a chi ci giudica e non dovrebbe; e ciò non toglie che il giudizio bruci e ferisca. È bello parlare della tenerezza, ma bisogna capire che essa deriva dallo stare nudi, esposti, senza armature. Come Cristo in Croce che era, non dimentichiamolo, completamente nudo. Ci piace quando Gesù dice che i bambini sono vicini a Dio, ma la retorica a volte ci fa dimenticare che primo requisito della fanciullezza è essere nudi: proprio come lo erano Adamo ed Eva prima del peccato. Puglisi cresce nell’onestà insegnatagli dal padre, un ciabattino, e dalla madre. La tenerezza cristiana di don Puglisi è la forza della nudità che è un altro nome dell’umiltà.

Quale sogno più facile da deridere che quello di chi vuole costruire la pace a Brancaccio, presentandosi senza armi e senza armature, ma solo come essere umano consapevole della dignità cui tutta l’umanità è chiamata? Tenerezza è correre il rischio della figuraccia davanti ai giovani. Noi crediamo che essi, abituati ai supereroi 'muscolari', ammirino solo i poteri straordinari e ci vuole coraggio, correre il rischio della figuraccia, per scoprire invece che hanno bisogno di modelli semplici: vogliono un eroe dello sguardo, un eroe del sorriso, nudo e senza paura. Don Puglisi era così.

Svestito da ogni sovrastruttura, presentava a tutti coloro che lo guardavano lo scandalo della croce cui i suoi avversari, gli uomini di mafia, non hanno retto e non potevano reggere. Uomo inerme non solo perché sacerdote, pur ucciso, ha sconfitto con la sua dignità e onestà la violenza vigliacca della malavita spaventata da una mitezza guerriera che veniva tutta da Cristo e per questo faceva paura più di un arsenale. Piccolo di statura, ma grande d’animo, non si è piegato alla forza dell’ambiente. Ha visto la città che amava in mano alla mafia ed è cresciuto dentro di lui sempre più forte il desiderio di rispondere all’arroganza con la mitezza, al sopruso col servizio, alla legge del sangue con l’Amore di Dio.