Opinioni

La Giornata mondiale. Celebrare nonni e anziani per riunire le generazioni

Angelo Scelzo martedì 2 febbraio 2021

Spirava tutt’altra aria quando, nel 1985, con il suo genio pastorale Giovanni Paolo II diede vita alle Giornate mondiali della gioventù. Era già all’orizzonte il passaggio di millennio, e la vigilia lunga della caduta del Muro di Berlino annunciava tempi di motivate speranze. La Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, indetta domenica da papa Francesco e collocata nella quarta domenica di luglio, porta inevitabile il segno della pandemia. I tempi sono altri, quelli di un’emergenza senza confini. Eppure è proprio questo cambio di epoca a rendere particolarmente attuale e significativa l’iniziativa del Papa.

Puntando i riflettori sulla condizione di nonni e anziani, Francesco entra, ancora una volta e a suo modo, nel vivo dell’emergenza. A suo modo: segnalando le conseguenze più allarmanti per l’uomo, toccando il punto di ferite profonde e non facilmente rimarginabili, tali da rendere ancora più insopportabili le cifre di una tragedia ancora in atto. Indicando però, allo stesso tempo, che nessuna strettoia, neppure la più drammatica, può sbarrare il passo alla speranza.

È sotto questa luce che la Giornata rappresenta, più che una nuova iniziativa, la risposta pastorale forte che nasce dal cuore di 'Fratelli tutti'. È certo lecito cantare vittoria per l’allungamento della vita: e la Giornata prende atto di questa realtà, proponendosi come occasione per celebrare non solo il dono della vita, ma anche quello, tutto nuovo, di una vita lunga. È sotto gli occhi di tutti che questi anni in più assegnati alla vita umana hanno già aperto scenari nuovi su molti versanti. E con molte inquietudini a corredo. Perché la vita lunga che non regge la vita piena – triste spettacolo di giorni ordinari – è stata alla base in tempi di pandemia di quell’esito atroce che il Papa ha scolpito con amarezza: «Non dovevano morire così». Parlava dei morti per Covid nelle case di riposo, dei vulnerabili non solo a causa dell’età, ma anche delle condizioni in cui si trovano molte (non tutte!) strutture. Certo, gli anziani, meno di tutti, non potevano salvarsi da soli. Mai avrebbero potuto farlo se, dopo la 'guerra tra poveri', la nuova categoria di lotta sociale rischia di essere – e in parte già lo è – la 'guerra tra generazioni', che manda in frantumi il naturale anello di congiunzione che nonni e nipoti assicurano alla vita.

Alla voce «cultura dello scarto» tutto il pontificato di Francesco è un grande libro aperto sul modo in cui lo spreco assottiglia e inaridisce interi spazi di vita, e Fratelli tutti – più che mai un documento sulla contemporaneità – ne è uno straordinario compendio. È qui, infatti, nelle pagine e nel cuore dell’enciclica, la radice di questa nuova Giornata mondiale, che segna un momento di congiunzione e di dialogo tra le generazioni nel rimando a quella della gioventù. Utilizzando le categorie di sogno e profezia, nel racconto del profeta Gioele, e definendo all’Angelus di domenica la vecchiaia come un dono, il Papa ha reso esplicito e forte il monito nei confronti di una società che non può permettersi di dilapidare risorse come gli anziani, capaci di assicurare barriere contro il declino. Ciò che essi possono dare alla società è certo infinitamente più di quanto possano ricevere. Ma l’ultima deriva è proprio quella di far spreco degli anziani, come persone che «non servono più».

Troppo spesso è una società in declino – quella che ha scarsa cura delle famiglie, e in genere del suo patrimonio umano – a creare la condizione sempre più presente e avvilente dei 'senza famiglia', una schiera di orfani sociali dai capelli bianchi che trovano il loro cammino finale disseminato dalle trappole dell’esclusione e dell’emarginazione. La vita come un’agenzia servizi in grado di regolare gli accessi secondo parametri sempre più rigidi. E a prezzo sempre più alto, perché finisce per avere cinicamente un costo anche quel tanto di vita in più, quegli anni aggiunti – dal progresso e dalla scienza – a una media d’età che aumenta, ma non esclude il dazio di una precarietà programmata, di un posto sempre più in là al tavolo dell’esistenza.

Nessuno però si salva da solo, neppure i giovani. E allora se anche la pandemia, oltre all’efficientismo di una società strenuamente impegnata a badare al sodo, sembra distanziare le prospettive delle due generazioni estreme dell’esistenza, lo strumento della Giornata è un modo per rilanciare un dialogo tra generazioni che non è accessorio, e neppure un atto di carità. Per la Chiesa si tratta di una sfida pastorale a tutto campo. Anche gli anziani, nella realtà che cambia, e tanto più alla prova della pandemia, sono un mondo nuovo.