La pétanque, quelli con il pallino delle bocce di ferro

La variante di un gioco antico, popolare in Francia, ma in crescita anche in Italia. A Milano coinvolge tutte le età ed è diventato modello di inclusione
October 9, 2025
La pétanque, quelli con il pallino delle bocce di ferro
ALBERTO CAPROTTI
Il più bello da vedere è sempre il primo che gioca. Si chiama Franco: basco nero alla francese in testa, e mani guantate. Sul campo ci sono solo lui e il pallino, che lancia con finta noncuranza, come fosse il cerino con cui si è appena acceso un’altra sigaretta. In realtà sa benissimo dove lo sta tirando. Un po’ a sinistra, dove il terreno fa la gobba, ma non troppo lontano, perché poi bocciare si fa difficile. Rotola silenzioso il pallino, e si ferma. Ma lì inizia tutto. Un po’ rito, un po’ spettacolo, un po’ poesia.
Della partita sembra fregargliene relativamente poco: una volta piazzato il bersaglio, è una questione personale tra lui e la sfera di ferro che artiglia nella mano a forma di nido quando si prepara al tiro successivo. Inquadra il pallino grazie al filtro degli occhiali, il nido si schiude e lancia con la grazia di un ballerino classico, ma con i piedi rigorosamente piantati per terra. La sfera vola, ruota, si posa con un botto secco sul brecciolino del selciato, rallenta, piega un nonnulla a sinistra. E infine si appoggia sul pallino, baciandolo leggero, come se quello e solo quello fosse il suo posto nella vita.
Franco come Dario, Matteo, o Beppe, detto Cartier: il perché lo capisci subito dal pullover di cachemire rosso, il mezzo sigaro spento in bocca e il pantalone elegante chiaro. Arrivano al Parco Sempione di Milano alle tre e mezza del pomeriggio, ogni giorno, tutto l’anno. Anche con l’ombrello, se serve. Ognuno per conto proprio, con le palle d’argento nella borsa. E il passo deciso che hanno solo gli uomini in fuga dalla pensione. Oppure quelli che sanno esattamente cosa non vogliono dalla vita. Mica tutti anziani, però. Qualche ragazzotto si infila sempre nel gruppo, anzi sono sempre loro i meno disposti a perdere.
Sono gli irriducibili della pétanque, nicchia nobile, specialità riconosciuta e iscritta alla Federazione Italiana Bocce del Coni insieme alla raffa e al volo, le altre varianti di questo sport antico, che tutti nella vita abbiamo giocato almeno una volta. Niente spiaggia però qui. Niente bocciofila. Entrando al Parco Sempione da via Mario Pagano, di fronte alla Chiesa del Corpus Domini, ci sono i due campetti (che all’occorrenza diventano quattro) di MilanoPetanque, l’associazione nata nel 2003 per volontà di un gruppo di amici.
«Eravamo tutti ex giocatori di rugby - spiega uno dei fondatori, Sergio Carpani - ma superati i 40 anni, dovevamo cercarci dell’altro. Qualcuno aveva proposto di giocare a bocce e io, francese per parte di madre, ho buttato lì l'idea della Pétanque: più ruspante, ma distinguente. Come il rugby insomma…».
Una passione popolarissima in Francia, dove ha 400mila tesserati ufficiali, e regina in particolare a Marsiglia e in Provenza, dove si gioca moltissimo. Da noi sono 4.500 gli agonisti ufficiali, poco meno dei praticanti effettivi, ed è conosciuta praticamente solo in Piemonte, Val d’Aosta, Liguria.
Mancava la Lombardia. Nacque così MilanoPetanque: inizialmente erano solo in cinque o sei, oggi invece gli iscritti sono 80 e includono donne (poche) ed extracomunitari perché, sottolinea Carpani, «nelle ex colonie francesi si giocava a pétanque». Il campione del mondo in carica, con titolo appena conquistato, però è italiano: si chiama Diego Rizzi, 31 anni, di Bordighera. Tanto per dire che sono pochi i nostri, ma bravi.
«Il bello di questo sport è che, a differenza delle bocce classiche, non necessità di un campo apposito, ma si può praticare ovunque, persino in piazza. L’importante è lanciare da fermo, con i piedi in un cerchio», spiega l’attuale presidente, Dario Proto. «Il Comune ci ha concesso questo spazio, e noi ce lo teniamo stretto. Lo curiamo, abbiamo piazzato un cartello con le norme per farlo conoscere a chi passa. È bello trovarsi, conoscere altra gente che ha voglia di cimentarsi con questa attività. E poi si fa integrazione. Abbiamo Hamed, uno straniero che vive tra la panchina qui sotto le piante e la Chiesa, che ci fa compagnia e aiuta a spazzare le foglie prima delle partite. Ma anche senegalesi, etiopi, marocchini, e qualche ragazzo delle Isole Mauritius. Sono i giocatori più forti, ce l’hanno nelle vene».
MilanoPetanque è prevalentemente composta da amatori, ma i “quasi professionisti” non mancano: «Abbiamo partecipato a diverse gare, siamo stati invitati anche in Normandia, a Lucerna, a Zurigo, in Provenza e Lituania», dice il presidente. «Domenica scorsa al Sempione c’è stato un bel torneo, con squadre arrivate da tutta la Lombardia».
Un solo cruccio: ai Giochi di Parigi 2024, le bocce con le loro tre specialità, hanno solo sfiorato l’ammissione come sport olimpico dimostrativo. «Alla fine hanno preferito la break-dance - commenta Carpani -. Mah, contenti loro…»
Le regole? Pochissime. Le bocce qui sono solo di metallo, regolarmente marcate, e più piccole (tra 7, 05 e 8 cm) e pesanti (tra 650 e 800 grammi) di quelle tradizionali. Si gioca in singolo, coppie o terne, tirando con i piedi fermi in un cerchio tracciato per terra. Nella pétanque, l'obiettivo è lanciare le proprie bocce più vicine possibile al pallino di legno (chiamato cochonnet). E, se possibile, allontanare quelle avversarie, il tutto stando all’interno del cerchio di lancio. La squadra che raggiunge 13 punti vince la partita; ogni boccia più vicina al pallino rispetto a quella dell'avversario vale un punto. Di solito in questa specialità non si fa rotolare molto la sfera: quelli bravi bocciano al volo. Regola non scritta: quando un avversario lancia, occorre rispettare un religioso silenzio.
Sport o solo gioco? Dipende dai punti di vista. Ma retaggio di un’Italia che non si arrende pur di conservare le sue piccole tradizioni. Che sa di buono, di semplice, di lento. Come quell’immagine – boccia e pallino, muti, sul ghiaietto grigio, a sfiorarsi –, che sembra l’icona perfetta di una promessa d’amore, di ricongiungimento, di bacio a labbra metalliche.
Intanto Franco scompare. Inizia la partita vera e propria, e lui si defila. Non commenta, non scuote la testa mormorando “lunga” o “corta”, non consiglia, non va a misurare, scruta da lontano e capisce già, oltre le discussioni pacate degli altri. Da qualche parte, aspetta che tutto quello finisca, e il campo ridiventi un foglio bianco su cui disegnare l’esattezza. Sa benissimo cosa succederà. Arriverà qualcuno, facilmente con vent’anni di meno, a cancellare con una bocciata al volo il suo piccolo capolavoro. È il cerchio della vita, ma la pétanque ti consente ancora e sempre di rimetterti al centro.

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