Pietro e Paolo, l’incontro degli apostoli al Sistina
Michele La Ginestra e Fabio Ferrari dal 27 giugno in scena con lo spettacolo, patrocinato dalla Fabbrica di San Pietro, che immagina l'incontro dei due santi a Roma fra sorrisi e commozione

Roma, oggi. San Pietro e San Paolo tornano a camminare per le vie della città eterna. Ma non attraverso statue, affreschi o preghiere: a restituirli al pubblico in carne e spirito è il teatro, e più precisamente il palcoscenico del Teatro Sistina, Pietro e Paolo a Roma, scritto e interpretato da Michele La Ginestra con Fabio Ferrari. Uno spettacolo che mescola fede, ironia e profonda umanità, portando in scena due figure cardine del cristianesimo come mai viste prima.
«L’idea è nata da una telefonata – racconta ad Avvenire Michele La Ginestra –. Mi chiamò fra Agnello Stoia, parroco della Basilica di San Pietro, e mi disse: “Ti andrebbe di scrivere uno spettacolo su Pietro e Paolo?”». Da quella proposta è sbocciato un testo profondo e poetico, ma allo stesso tempo accessibile e leggero. «Ho studiato, letto, cercato fonti. Poi ho fatto ciò che amo: ho immaginato, ho portato questi due uomini santi giù dai piedistalli, li ho fatti camminare accanto a noi per le vie di Roma dove vissero e trovarono il martirio».
Lo spettacolo, patrocinato dalla Fabbrica di San Pietro in Vaticano con la Diocesi di Roma e il Vicariato della Città del Vaticano, ha debuttato nel 2024 in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo di fronte alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. Ora torna ora in una versione rivisitata, adattata al contesto giubilare, dal 27 al 29 giugno al Teatro Sistina di Roma. La regia è affidata a Roberto Marafante, mentre le musiche originali del maestro Emanuele Friello accompagnano ogni scena con delicatezza e intensità.
Al centro della scena, due uomini che si incontrano e si confrontano. Non santi ideali, ma persone vere, con fragilità, divergenze e un rapporto che si costruisce e si fortifica proprio nel confronto. «Pietro l’ho immaginato un po’ burbero, uno che si arrabbia facilmente – spiega La Ginestra – ma capace di grandi slanci di amicizia. Un uomo che ha vissuto il privilegio di conoscere Gesù, ma che si porta dietro il peso di averlo rinnegato. Ha un rapporto doloroso con il perdono, che lo rende umano, vicino».
Accanto a lui, un Paolo altrettanto potente, ma profondamente diverso. A vestirne i panni è l’attore Fabio Ferrari, noto al pubblico per ruoli teatrali e televisivi. «Mi ci ritrovo molto – racconta Ferrari – perché anche io, come Paolo, sono stato un “convertito in tarda età”. Fino a qualche anno fa ero un fiero agnostico. Tutto ciò che sapeva di spiritualità mi dava fastidio. Poi, qualcosa è cambiato».
A cambiare Ferrari è stata soprattutto la lettura: «La scintilla è arrivata con Dostoevskij. Poi Bach, la Passione secondo Matteo, e altri piccoli segnali. Oggi interpreto Paolo con rispetto, quasi con gratitudine. Anche lui non ha conosciuto Gesù in vita, e per questo è spinto da una sete di sapere, di capire: come rideva, cosa diceva davvero».
Lo spettacolo si muove tra dialoghi serrati, episodi storici e momenti immaginari che ricostruiscono i probabili incontri tra i due apostoli nella Roma antica. Si parte da divergenze quotidiane – il cibo, il lavoro, le donne – per arrivare al cuore della fede: l’universalità del messaggio cristiano, la costruzione della Chiesa. «Ci siamo detti: due uomini così diversi, nella stessa città, non potevano non essersi incontrati – racconta ancora La Ginestra – e in effetti ci sono reperti, come una lapide sulla via Appia, che lo suggeriscono. Ma più dei fatti certi, mi interessava immaginare la relazione».
Lo spunto è la Lettera ai Galati in cui, aggiungono i due protagonisti dello spettacolo «san Paolo accusa direttamente Pietro di essere divisivo, di aver perso di vista la dottrina, in relazione ai cristiani non giudei. Da quella lettera parte una lite in scena che è lo spunto iniziale dello spettacolo».
Uno dei momenti più toccanti è proprio il confronto tra la conversione di Paolo sulla via di Damasco e il ricordo di Pietro del canto del gallo, simbolo del suo tradimento. Due ferite profonde, due esperienze di fallimento e redenzione che li avvicinano. «Il bello è che nonostante tutto, l’uno non ha potuto fare a meno dell’altro – dice La Ginestra – ed è lì che nasce la comunione, l’unità della Chiesa». Non mancano momenti di leggerezza e comicità, un tratto distintivo dello stile dell’autore. Pietro parla romano, diretto, senza filtri. Paolo è più formale, a tratti pedante. «Due caratteri belli tosti – dice Ferrari – uno pescatore che dice le parolacce, l’altro intellettuale, ma con un passato da soldato. Si pungono, si sfidano, si perdonano».
L’intento è chiaro: parlare di fede senza retorica, in modo comprensibile e coinvolgente. «È uno spettacolo per tutti – spiega La Ginestra – anche per chi non è credente. Basta avere voglia di ascoltare». E aggiunge: «Mi fa piacere raccontare santi che l’iconografia ha messo troppo in alto. La santità va guardata dal punto di vista dell’uomo. Come è successo nello spettacolo di successo Come Cristo comanda che La Ginestra, autore e attore, sta portando in scena accanto a Massimo Wertmuller entrambi nei panni di due soldati romani sotto la croce di Cristo.
Dietro le quinte, La Ginestra e Ferrari si scoprono complici, come pure lo sono sul set della fiction di Tv2000 Canonico, di cui hanno appena terminato le riprese della terza stagione e dove vediamo Michele La Ginestra nei panni di un parroco romano molto aperto e Fabio Ferrari in quello del suo vescovo, siciliano, bonariamente severo. «Siamo amici. Condividiamo la fede, e questa esperienza ci ha uniti molto» aggiunge La Ginestra.
Lo spettacolo, dopo le date al Sistina, potrebbe proseguire in tournée: «Qualche data estiva è in lavorazione – dice Ferrari – e poi tornerò a ottobre al San Babila di Milano con un nuovo testo su gioco d’azzardo. Ma questo progetto ha qualcosa di speciale». Pietro e Paolo a Roma non è solo uno spettacolo: è un ponte tra passato e presente, tra storia e spiritualità, tra palco e piazza. Un invito, tra risate e commozione, a riscoprire la forza della fede vissuta, umana e viva.
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