domenica 8 marzo 2020
Vincenzo e Franca hanno due figli, sono oblati camaldolesi e nella loro casa hanno fondato l’Eremo Aquila e Priscilla: «La nostra è un’esperienza per tutti, fondata su preghiera, lavoro e accoglienza»
Vincenzo e Franca di "Eremo di famiglia"

Vincenzo e Franca di "Eremo di famiglia"

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«Ogni famiglia cristiana può essere un eremo. Anzi, è chiamata a essere un eremo e molte volte lo è già». Sul volto di Vincenzo, incorniciato in una barba corta e brizzolata, il fuoco del camino, che ha sulla mensola una bella icona della Virgo Fidelis, accende un sorriso semplice, che come le sue parole giunge diretto al cuore del problema. «In famiglia, davanti a un camino come questo, a un’immagine sacra, ogni persona diventa capace di lasciare fuori la superficialità che inonda il mondo in cui viviamo e può essere raggiunta nella profondità del cuore». Accanto a Vincenzo c’è Franca, sua moglie, genitori di due figli di 30 e 28 anni. Vincenzo è diacono permanente nella diocesi di Gaeta e per lavoro si occupa della comunicazione del comune di Castelforte. Franca è insegnante di religione alle elementari. Entrambi, l’8 luglio 2017, giorno dei santi Aquila e Priscilla, sono stati consacrati oblati camaldolesi del monastero di Sant’Antonio di Roma dopo un lungo percorso con la guida di dom Innocenzo Gargano e madre Michela Porcellato conosciuti nel 2013. «Sono stati loro - spiega Franca - a far emergere la vocazione all’eremo che da tempo era nei nostri cuori. Padre Gargano l’ha riconosciuta come una vocazione suscitata dallo Spirito per il nostro tempo. Così ci ha chiesto di scrivere in poche pagine quale era il nostro ideale di vita insieme, quale poteva essere la nostra regola. Cinque mesi dopo è arrivata la risposta con qualche correzione, poi è iniziato il percorso che ci ha portato a diventare oblati». Così la famiglia di Vincenzo e Franca è diventata l’Eremo Aquila e Priscilla, la coppia di sposi convertiti che a Roma ha fornito ospitalità e lavoro a San Paolo. Per tutti, però, la casa di Franca e Vincenzo è l’Eremo di famiglia e con questo nome curano un sito internet che raccoglie numerosi visitatori e alcune centinaia di fedelissimi che seguono la riflessione condivisa dai due coniugi sulla Parola del giorno.

Insomma, nel 2013 la vostra casa è diventata anche il vostro eremo?

Vincenzo - La casa è il luogo in cui viviamo, ma l’eremo non è la casa, è la condizione del cuore di chi accoglie Dio e gli incontri con padre Innocenzo e madre Michela ne hanno fatto crescere in noi la consapevolezza.

Perché eremiti?

Franca - Nel 2000 abbiamo iniziato il cammino al diaconato di Vincenzo. Contemporaneamente sentivamo una chiamata alla preghiera e al silenzio e abbiamo cominciato a trascorrere brevi periodi in monasteri e conventi. Tante volte siamo stati a Taizé, poi a Bose, ad Assisi, al carmelo di Carpineto Romano, alla Fraternità monastica di Gerusalemme a Firenze, alla Casa di preghiera San Biagio di suor Maria Pia Giudici, al monastero delle monache camaldolesi di Valledacqua... Piano piano dentro di noi questa attrazione si è fatta sempre più concreta anche se da anni Vincenzo parlava della possibilità di vivere da eremiti.

Non è un po’ strano un eremo di famiglia?

Vincenzo - Abitualmente pensiamo che gli eremiti vivano da soli o secondo il modello orientale delle 'laure' o in piccoli gruppi isolati. Noi siamo una famiglia che vive secondo i grandi pilastri del monachesimo benedettino: l’ideale del silenzio, della preghiera, del lavoro e dell’accoglienza.

Come si concilia la vita di famiglia con l’essere eremiti?

Vincenzo - Con la semplicità di tutti i giorni e uno stile di famiglia che guarda a Dio non diverso da altri. Alla mattina ci alziamo alle 5,30. Alle 6,30, dopo aver inviato sul sito eremodifamiglia.it la nostra riflessione sul vangelo del giorno, facciamo insieme la preghiera delle lodi con un lumino acceso. Alle 7.30 usciamo per recarci ai nostri impieghi. Ci rivediamo a casa secondo gli orari di uscita dal lavoro. La sera facciamo i vespri prima della cena. Più tardi leggiamo il Vangelo del giorno seguente e scriviamo le nostre impressioni per il sito.

E l’accoglienza?

Franca - È nella vita quotidiana. Chiunque bussa alla nostra porta trova la casa aperta, un posto a tavola, il focolare e i fornelli accesi, la disposizione ad ascoltare e a condividere semplicemente. La casa è disposta e arredata per rendere più facile accogliere anche più persone insieme.

Vincenzo - I nostri figli sono cresciuti in questo clima e anche i loro amici hanno sempre trovato accoglienza indipendentemente dal loro modo di vedere e di vivere la fede. Sono sempre venuti numerosi e siamo contenti nel vedere che nostra figlia e suo marito hanno sempre amici in casa.

Lucia, la figlia, ha appena bussato alla porta ed è entrata col marito e viene facile chiederle come si cresce in un simile contesto familiare e se c’è desiderio di imitarlo.

Lucia - Una bella esperienza. Lui - dice indicando il marito Giulio - era fra quelli che frequentavano questa casa e abbiamo sempre avuto l’idea di vivere lo stesso modello di accoglienza. Anche con i nostri amici abbiamo visto che è uno stile contagioso... e per l’eremo hanno sempre avuto rispetto e ammirazione, anche quelli lontani dalla fede.

Oltre alle attività in parrocchia fate incontri di preghiera?

Franca - Una volta al mese abbiamo nella nostra casa incontri di preghiera con una piccola comunità di famiglie che si è creata intorno a noi. Sono una trentina di persone.

Come si svolgono questi incontri?

Vincenzo - In inverno davanti al camino, simbolo del focolare domestico. C’è un’icona al centro con una sola candela che la illumina. Poca luce aiuta a creare disposizione e silenzio. Poi invito le persone a scendere lungo i gradini di una scala che dalla mente conduce al cuore e qui, attraverso le sue stanze a quella in cui brilla, sempre accesa, la luce del bene.

Un training autogeno della preghiera?

Vincenzo - Sì, un training del silenzio e della meditazione. E quando arrivi nella stanza del cuore sempre illuminata dalla luce dello Spirito ecco che diventi capace di fare discernimento e comprendere la Parola di Dio, in questo caso il Vangelo della domenica seguente, che uno di noi legge con lunghe pause dopo che ognuno dei presenti ha acceso alla luce dell’icona un lumino per fare luce sul foglio col testo a sua disposizione. Poi ancora silenzio. Qui si inseriscono alcune brevi meditazioni e si condivide la preghiera, le esperienze, la vita. Al termine ci si siede a tavola per condividere anche il cibo e l’amicizia.

Pregare e stare insieme, quindi: una cosa che si può fare in tante famiglie.

Vincenzo - La nostra è davvero un’esperienza per tutti. Uno stile fatto di semplicità, essenzialità e sobrietà come in ogni eremo che si rispetti. Intorno a questi tre elementi, di cui oggi c’è grande bisogno, costruiamo la nostra vita e i nostri incontri col desiderio e il piacere di stare con le persone, di essere presenti nelle loro vite e nei loro bisogni.

Ma questo non si può fare anche in altri contesti, per esempio in parrocchia?

Vincenzo - Si è sempre fatto. Ma nelle parrocchie c’è un modo di vivere la fede, a volte un po’ istituzionale, che non è attraente per tutti. Invece c’è bisogno di spontaneità e la famiglia può essere il luogo perfetto. Le persone hanno dentro un grande bisogno di famiglia e una famiglia tradizionale, fatta di persone che si vogliono bene è attraente. Il calore del focolare che si può vivere in un simile contesto è difficile da riprodurre in una stanza parrocchiale.

Diventa anche più facile parlare di fede?

Vincenzo - Per esempio nasce una spontaneità relazionale che consente di aprire il dialogo anche con quelli, e sono tanti, che dicono 'Gesù Cristo sì, ma non parlatei di chiesa e di preti'... e poi non ci sono soldi che girano, non ci sono associazioni, né obblighi rituali: tutto fonda sulla gratuità e sull’ospitalità. Questo libera da ogni forma di diffidenza.

Un modello da diffondere?

Franca - Per me è una strada bellissima. Lo è per noi e funziona anche dal punto di vista pastorale perché le persone si trovano bene.

La gente ha bisogno di spiritualità?

Vincenzo - Molto più di quello che sembra. Soprattutto ha bisogno di condividere la Parola come fiducia e come affidamento. Sente bisogno di relazioni disinteressate, di fraternità. In un mondo privo di autenticità si cercano le persone vere, capaci di giungere alla profondità del cuore. Poi diventa più facile mostrare che è Gesù a renderci capaci di vivere in libertà e pienezza; che la vera umanità si scopre attraverso la relazione con Dio ed è davvero difficile incontrarla nella superficialità a cui ci ha abituati il mondo di oggi.

Questo può accadere in ogni famiglia cristiana?

Vincenzo - Noi siamo persone semplici, come tante, e la nostra storia mostra che ogni famiglia cristiana può essere un eremo. Queste famiglie devono solo incontrare chi le aiuti a capire questa loro naturale vocazione. (16. Continua)

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