martedì 13 febbraio 2024
Dopo le salvezze con Crotone e Salernitana, il tecnico sembra destinato a un’altra impresa a Empoli. Padre di cinque figli, di cui uno volato in cielo, ha trovato nella fede la forza per andare avanti
Davide Nicola, 50 anni (Empoli)

Davide Nicola, 50 anni (Empoli) - ANSA

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Chiamatelo pure l’uomo delle salvezze impossibili. Di sicuro Davide Nicola è un allenatore che non si tira mai indietro. Nativo di Luserna San Giovanni, ma residente a Vigone, sempre in provincia di Torino, il prossimo 5 marzo compirà 51 anni, di cui più di venti passati a giocare a calcio. Tanta Serie B, soprattutto con la maglia del Genoa, prima di debuttare per una breve parentesi in A col Siena. Dal campo alla panchina, la passione per il pallone non si è mai interrotta: dal Lumezzane al Livorno (che nel 2013 ha portato nella massima serie), Nicola viene chiamato sempre a rimonte improbabili, diventando poi l’eroe delle favole più incredibili. Come la salvezza del Crotone nel 2017 con 21 punti nelle ultime 15 partite (battendo la Lazio all’ultima partita), ma anche quella della Salernitana due anni fa, con un’altra memorabile cavalcata finale. Per uno strano scherzo del destino Nicola all’Arechi è tornato la scorsa settimana, da allenatore dell’Empoli, vittorioso alla fine per 3-1, per l’ultima delle sfide incredibili che ha deciso di accettare. Non sappiamo come andrà a finire, ma da quando c’è lui (dal 16 gennaio) i toscani non hanno ancora perso una partita: due vittorie e due pareggi (tra cui l’1-1 in casa della Juventus). Un cammino che sembra in linea con l’ennesima impresa da raccontare. Lui che ama ripetere: «Perseverare è il piacere della sfida. Non bisogna arrendersi mai, ma continuare e perseverare nel lavoro».

Sposato con la compagna di una vita, Nicola e sua moglie hanno cinque figli, di cui uno, Alessandro è volato via in cielo a soli 14 anni, investito da un autobus mentre andava in bicicletta. Dopo aver salvato il Crotone, Nicola scrisse al figlio una lettera: «Ale, questa non è la mia vittoria, ma la nostra, proprio come quella della promozione in serie A del Livorno. Avrei voluto gioire con te, guardare i tuoi occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme correre e festeggiare. Tutto questo è solo per te e ogni mia conquista è la tua, ogni mia vittoria sarà la tua, ogni mio sogno sarà anche il tuo. Voglio che il mio cuore continui a battere per te e tu possa vivere ancora attraverso me». Una famiglia unita e una fede salda sono le due ali che hanno permesso al tecnico di andare avanti: «La tragedia ha cambiato gli equilibri della mia famiglia - disse - sono cattolico, ho molta fede e adesso sono molto più lucido nell'affrontare le difficoltà. È difficile che possa avere paura in qualche situazione». Non lo spaventarono nemmeno i 1500 chilometri da percorrere in bici dalla Calabria al Piemonte dopo la salvezza del Crotone. Lo aveva promesso, ed è stato di parola, per un suo personale Giro d’Italia attraverso i suoi luoghi del cuore. Chi lo conosce sa che il suo motto è: «Sempre al massimo, mai mollare».

Non a caso la citazione che gli è più cara è una del grande Kobe Bryant, l’indimenticabile stella dei Lakers: «Fare quello che ti piace di più e farlo al massimo cercando di essere il migliore». Nicola sa che il tempo è tutto per un allenatore e da cultore delle statistiche ha stimato anche il tempo necessario a un tecnico per entrare nella testa dei suoi giocatori: ventuno-trenta giorni. « Non lo dico io ma i grandi esperti. Io ho fatto la prova con il cubo di Rubik. Uno mi vede risolvere un cubo di Rubik e dice “sei un fenomeno”. No, non sono un fenomeno. Ho iniziato a farlo un’ora al giorno, qualunque cosa succedesse, anche se non avevo così tanta voglia di passare un’ora al giorno alle prese con un algoritmo. E dopo 21-30 giorni è diventata un’abitudine. Poi sono diventato bravo». Ci vuole però dell’altro per toccare le corde giuste dei giocatori. Nicola da carismatico motivatore lo sa bene. E lui che oltre alla fisica è un appassionato di libri e letture filosofiche, vi risponderebbe scomodando Platone: «Non si può aprire la testa se prima non si apre il cuore».

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