Manga e sport: così dalle macerie è nata la nuova cultura giapponese

Nel dopoguerra la cultura nipponica si è fatta conoscere con produzioni originali, spesso ispirate all’olocausto nucleare ma senza rimanerne schiacciate
August 4, 2025
Manga e sport: così dalle macerie è nata la nuova cultura giapponese
- | "Gen di Hiroshima", il film d'animazione tratto dal manga di Keiji Nakazawa, un superstite giapponese del bombardamento atomico
«È l’Uomo Tigre che lotta contro il male / combatte solo la malvagità / non ha paura si batte con furore / ed ogni incontro vincere lui sa». La sigla italiana della fortunata serie d’altri tempi, L’Uomo Tigre, è la migliore colonna sonora per spiegare la reazione del Giappone all’indomani della Seconda guerra mondiale. La tragedia di Hiroshima, una delle pagine più buie della storia dell’umanità, atterrì i giapponesi ma ne suscitò anche uno spirito indomito di rivalsa. Nel dopoguerra il Paese del Sol Levante prese a “bombardare” gli Stati Uniti e il mondo occidentale con le sue storie e la sua filosofia grazie soprattutto al successo dei manga, i fumetti da cui le serie televisive anime hanno avuto origine. Una battaglia culturale, condotta con le stesse armi del nemico. Non a caso, pur in una nazione legata alle tradizionali arti marziali, L’Uomo Tigre portò in primo piano un altro sport da combattimento, di derivazione statunitense, il wrestling. La serie, tratta dall’omonimo manga di Ikki Kajiwara e Naoki Tsuji, del 1968, fu trasmessa la prima volta in Italia nel 1969. Racconta la storia di Naoto Date, cresciuto in orfanotrofio, dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Come in altre serie, il conflitto è l’antefatto imprescindibile: proprio per gli orrori della guerra il giovane Naoto è rimasto solo.
Deciderà così di combattere le ingiustizie e punire i cattivi, in quell’eterno scontro tra Bene e Male che permea anche altri manga: da Ken il guerriero a Dragon Ball, da Naruto a One Piece. A emergere in questi casi è il fine ultimo delle arti marziali giapponesi, quello di far progredire lo spirito, attraverso il rafforzamento del corpo. Nell’approccio con l’avversario più che l’ostilità prevale un senso di rispetto e di gratitudine: anche a conclusione di un combattimento senza esclusione di colpi c’è il desiderio di ringraziare l’altro per il suo valore. È la via per costruire una società pacifica in un immaginario segnato dalla potenza distruttiva delle armi nucleari. Pensiamo solo al successo al cinema di Godzilla, il famoso mostro preistorico risvegliato dalle radiazioni.
Apprezzato per essere riuscito a narrare l'inenarrabile è anche il manga che racconta in maniera autobiografica il disastro nucleare, come Gen di Hiroshima, di Keiji Nakazawa, un sopravvissuto al bombardamento: pubblicato in Giappone in 10 volumi tra il 1973 ed il 1987, il fumetto (poi sbarcato anche in Italia) ha dato origine a film d'animazione e anche a una miniserie Tv. Ma gli scenari apocalittici pervadono anche i manga dei “robottoni”, da Mazinger Z a Jeeg Robot d’acciaio e Ufo Robot Goldrake. C’è poi un filo conduttore che lega tra di loro molte storie di successo: lo sport. Il Giappone avvertiva l’esigenza di dover dimostrare al mondo il proprio valore, trionfando sugli Stati Uniti anche nello sport. E soprattutto in quelle discipline più marcatamente occidentali. Jenny la tennista, Mimì e la nazionale di pallavolo, Holly e Benji – Due fuoriclasse, Mila e Shiro – Due cuori nella pallavolo, Gigi la trottola, Tutti in campo con Lotti sono solo alcuni dei titoli diventati iconici. Un filone inaugurato dalla prima serie ritenuta moderna che, non sorprende, si servì di uno sport tipicamente a stelle e strisce: il baseball, protagonista in Tommy la stella dei Giants, uscita nel 1968 e tratta dall’omonimo manga di Ikki Kajiwara e Noboru Kawasaki.
Il Giappone vide nello sport – sia in quell o reale che animato – un mezzo di riscatto e di affermazione dei canoni del bushido, il codice di condotta degli antichi samurai. I valori degli eroi d’un tempo dovevano essere anche quelli degli atleti. Il campo di battaglia diventò il campo di gioco in cui affermare la “via del guerriero”, fatta di dedizione e disciplina, con allenamenti durissimi ai limiti della sopportazione. A suggellare il cammino di rinascita del Paese furono nel 1964 le Olimpiadi a Tokyo, le prime in Asia. Il tedoforo che accese il braciere fu il diciannovenne Yoshinori Sakai, nato a Miyoshi nella prefettura di Hiroshima il 6 agosto 1945, un’ora dopo il lancio della bomba atomica. Un messaggio sin troppo chiaro. Il Giappone che l’Occidente considerava chiuso e limitato, non era rimasto schiacciato dalla guerra. Ma anzi in pochi anni era diventato un Paese tecnologicamente avanzato e pronto a sfidare chiunque. Una nazione forte e fiera dei suoi valori di tenacia e coraggio gli stessi che furono riversati con successo anche nei manga e nell’animazione.

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