Guez: «Vi racconto Gertrude Bell, madre silenziosa dell’Iraq moderno»
«Era una donna con idee proprie dentro un mondo di uomini»

Avventuriera, archeologa, scrittrice, diplomatica, capace di parlare arabo e persiano: Gertrude Bell fu una delle figure più interessanti dell’Impero coloniale britannico all’indomani della Prima guerra mondiale. Fu protagonista nella creazione del moderno stato dell’Iraq, tanto da essere ricordata come la “madre dell’Iraq”, ma resta ancora oggi una figura poco nota, sospesa tra mito e oblio, come spesso accade a grandi protagoniste femminili della storia. A raccontarne la vita è stato lo scrittore e giornalista francese Olivier Guez, che con Mesopotamia (La nave di Teseo, pagine 376, euro 22,00) ricostruisce non solo l’avventura di una donna fuori dall’ordinario, ma anche l’epopea di una terra antichissima e tormentata, segnata dai giochi di potere e dalla scoperta del petrolio, crocevia geopolitico ieri come oggi. Già autore de La scomparsa di Josef Mengele (premio Renaudot 2017), Guez ha firmato romanzi, saggi e sceneggiature, ed è una delle voci francesi più attente nel racconto di rapporti tra storia e potere. Ieri a Pordenonelegge ha incontrato i lettori per presentare il suo nuovo libro e parlare di Gertrude Bell, di imperi che nascono e cadono, e di un Medio Oriente che continua a essere al centro della storia mondiale.
Qual è stata l’ispirazione, l’incontro con questa figura così epica?
«L’incontro con Gertrude Bell è avvenuto in due fasi. La prima è stata nel 2003, all’inizio della guerra tra gli Stati Uniti e l’Iraq di Saddam Hussein. All’epoca ero giornalista, mi occupavo di Medio Oriente, soprattutto di petrolio. Leggevo molto sulla regione e mi imbattei in uno o due articoli su questa donna, Gertrude Bell. La sua storia mi affascinò immediatamente. Veniva da una famiglia industriale molto ricca, aveva studiato a Oxford, una delle prime donne a farlo, e non si sposò mai, cosa insolita per l’epoca. Viaggiò a lungo in quella che sarebbe diventata la regione del Medio Oriente, parlava un arabo e un persiano perfetti, era archeologa, alpinista, e poi entrò a far parte dell’Impero britannico fino a occuparsi della nascita di un nuovo regno, quello che sarebbe diventato l’Iraq. Ricordo anche una fotografia scattata alla Conferenza del Cairo del 1921: al centro c’è Churchill, circondato da uomini, e in fondo a sinistra una donna con un grande cappello. Era lei, Gertrude Bell. Poi lasciai il Medio Oriente, mi trasferii in Germania, feci altre cose. Quindici anni più tardi, leggendo un libro di Jean Rolin, Ormuz, trovai di nuovo il suo nome. Mi tornò in mente quella foto e decisi: avrei raccontato la sua vita, e attraverso di lei la nascita del Medio Oriente moderno».
Lei la racconta come donna straordinaria ed eroina. Ma oltre a questo, chi era Gertrude Bell?
«In Inghilterra era un po’ una paria: non sposata, senza una casa propria, senza possibilità di insegnare all’università o di entrare nel servizio diplomatico. Non aveva vie di carriera. Si è reinventata in Medio Oriente, cercando l’avventura, ma con una fede particolare per l’Impero britannico. Aveva perso tutto, la madre, due grandi amori, e questa fede nell’impero riempiva quel vuoto».
Come riuscì a conquistarsi spazio in una società maschilista come quella del suo tempo?
«All’inizio è stato difficile, certo. Ma impressionava: parlava un arabo perfetto, viveva mesi nel deserto, conosceva la regione meglio di molti uomini. A un certo punto il fatto che fosse donna smise di contare. Si impose con le sue competenze».
Figure come Gertrude Bell esistono oggi in politica?
«Direi di no, almeno non nello stesso modo. L’avventura politica di allora è scomparsa. Certo, donne risolute ci sono e ci sono state, penso a Margaret Thatcher, per esempio, ma sono contesti diversi. La figura della grande avventuriera non esiste più».
E i rapporti con Lawrence d’Arabia com’erano?
«Erano molto vicini. Entrambi appassionati di storia, archeologia, mitologia. Entrambi arabisti e imperialisti: per loro non era una contraddizione, ma un modo per portare il mondo arabo verso la modernità attraverso l’Impero britannico. C’era, sì, un po’ di gelosia da parte di Gertrude: dopo la guerra Lawrence divenne un mito, l’eroe che l’Occidente aspettava, mentre lei, pur avendo più potere, non ebbe mai la stessa fama. Morirono entrambi giovani, in solitudine, schiacciati da un enorme vuoto di identità: non più inglesi, impossibilitati a essere arabi».
Il titolo porta con sé un significato simbolico.
«Certo, questo non è solo un libro su Gertrude Bell, ma su una regione che da sempre è una trappola per imperi. Tutti hanno commesso gli stessi errori. Credo che anche la caduta dell’impero americano sia iniziata lì, vent’anni fa».
Il titolo fa anche riferimento a una poesia di Kipling.
«Sì. Avevo già scelto il titolo quando ho ritrovato una poesia di Kipling. Però per me era importante citarlo perché è il poeta dell’Impero, l’autore che ha segnato quella generazione: Bell, Churchill, Lawrence».
Bell agiva per conto proprio o era parte dell’apparato imperiale?
«Era un’alta funzionaria dell’Impero, ma con idee proprie».
Come sono state le ricerche storiche per scrivere questo libro?
«Ho dovuto affrontare una mole enorme di fonti: libri su di lei, su Lawrence, Churchill, l’impero britannico in India, la Prima guerra mondiale in Oriente, i piani tedeschi per il Medio Oriente, il petrolio. È stato un lavoro lunghissimo».
Che analogie vede tra la spartizione del Medio Oriente di allora e i conflitti di oggi?
«All’inizio del Novecento il Medio Oriente è tornato a essere l’epicentro del mondo. Per secoli non lo era stato. Alla fine del XIX secolo il Canale di Suez cambiò per sempre il commercio mondiale. E naturalmente arrivò il petrolio, che rese la regione ancora più strategica per le potenze mondiali. All’epoca, nessun grande impero, tranne la Russia, ne possedeva; tutti volevano controllarlo. Oggi la situazione non è molto diversa: il petrolio resta centrale. Simbolicamente e strategicamente, il Medio Oriente continua a essere il cuore del mondo».
Mesopotamia potrebbe diventare un film?
«I diritti sono già stati acquistati per una serie, ma credo ci vorrà tempo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA






