domenica 19 settembre 2021
Ales Bello scrive di sé rileggendo, commentando e dialogando con le pagine di Edith Stein. Un confronto su amicizia, fede e vita: inno alla carità
Edith Stein

Edith Stein - archivio

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La donna che visse molte volte si potrebbe dire di Edith Stein. Ebrea e cattolica, filosofa, femminista e monaca carmelitana, martire del nazismo e santa. Tutto racchiuso in una sola vita. Quella che viene ripercorsa in Assonanze e dissonanze di Angela Ales Bello, recentemente edito da Mimesis. Della Stein Ales Bello è tra le maggiori studiose e curatrici dell’opera in gran parte postuma e riportata alla luce con molte difficoltà nel corso del tempo. Per l’autrice i mesi di “clausura” imposti dal Covid creano il clima adatto a un approfondimento ulteriore dell’intelletuale tedesca e danno il là alla struttura originale del volume. Ales Bello, infatti, scrive un proprio diario rileggendo, commentando e dialogando con pagine del diario del suo stesso “soggetto” di studio. I due diari, così, s’intrecciano e alimentano “intersoggettivamente”, dando vita a un confronto denso di amicizia e affetto tra due donne e filosofe distanziate da un secolo di pensiero e di storia. Un confronto serrato su fenomenologia, fede, vita, amicizie-amori di Edith. Sullo sfondo una società e una cultura tedesche che si accartocciano, tra la prima guerra mondiale e l’ascesa del nazionalsocialismo, sino a quella “notte dei cristalli” che toglierà le bende dagli occhi di molti spalancando però già le porte dell’inferno. Tre percorsi spiccano nel racconto. Quello della formazione e del lavoro filosofico di Stein, col suo ruolo prezioso di assistente di Edmund Husserl, che le permette di conoscere tutte le pieghe della costruzione filosofica del maestro e persino di influirvi, consentendole poi di svolgere un ruolo equilibratore, che le è connaturato, nelle dispute tra i membri della scuola husserliana: tra chi pone l’accento sul fondamento “realista” della fenomenologia e chi invece ne sottolinea i legami con l’“idealismo”. Per Edith la filosofia è la sua stessa vita anche se, in quanto donna, non può proporsi un chiaro percorso accademico e in quanto ebrea, a un certo punto, non potrà svolgere neppure alcun ruolo pubblico. Ma del suo esser donna e dell’unità tra pensiero e vita la sua filosofia reca il timbro, col rilievo che vengono ad assumere alcuni temi: insieme al momento dell’“intuizione”, il tema dell’empatia e l’Erlebnis (l’esperienza) soprattutto, che Ales Bello invita Edith a rinominare rispettivamente “entropatia” e “vivenza”. Il secondo percorso, profondamente legato a quello filosofico e messo bene a fuoco da Ales Bello, è proprio quello della “femminilità”. Già da giovane Edith partecipa e anima i movimenti femministi. Ma anche in questo campo il suo contributo più che politico è filosofico. Con grande anticipo, ella pone le basi di un pensiero della differenza sessuata, che delinea uno spartiacque ben più grande e radicale di quello aperto nella storia del pensiero dalla coppia “servo-signore”. È, il suo, un contributo di straordinaria originalità. La Stein studia il diverso modularsi del pensiero sulla base dei sessi, più unidirezionale quello maschile più portato alla completezza quello femminile (tendenze peraltro diversamente miscelate negli individui di entrambi i sessi) con grande attenzione alla psicologia e alle implicazioni pedagogiche. Il terzo percorso, il più decisivo per la sua esistenza, è quello della fede. Dopo aver condiviso la religione ebraica del padre, così amato e prematuramente scomparso, dopo una transizione agnostica durante l’adolescenza, Edith scopre Gesù, e quindi il cristianesimo. È quello che ella stessa definisce «un passaggio, non una contrapposizione». Nel segno della continuità e del riferimento al medesimo Dio. È la dimensione personale della fede cristiana che la attrae. Stein ama i mistici e Santa Teresa soprattutto, ma in lei anche la mistica è intessuta di filosofia e questa trova in sé luce dalla fede e dal rapporto con Dio. È il tema della sua ultima opera, Essere finito e Essere eterno ma è in fondo il sigillo di tutta la sua vita, sempre alla ricerca di continuità e relazioni: tra realismo e idealismo in filosofia e poi tra fenomenologia e tomismo, tra ebraismo e cristianesimo, tra maschile e femminile, tra filosofia e ragione. Se, come diceva Freud, Eros unisce e Thanatos separa, ebbene il pensiero e l’esistenza della Stein sono un inno alla relazione unitiva, all’amore e alla carità, e la sua morte, subìta in quanto ebrea e vissuta da cristiana, occupandosi nel campo di concentramento sino alla fine dei piccoli, è una trasfigurazione che illumina distintamente le radici (culturali, etiche e di fede) ebraico-cristiane di quell’Europa (quella che fu almeno) di cui Edith è patrona.

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