Zen unito contro la violenza. Il vescovo: «Resistenza e cambiamento»

Migliaia di persone alla veglia convocata nel quartiere palermitano. Tra loro anche i genitori di Paolo Taormina e Sara Campanella
October 18, 2025
Migliaia questa sera allo Zen di Palermo, contro la violenza. «La logica violenta della sopraffazione, tipicamente mafiosa, alla quale alcuni incoscienti vergognosamente inneggiano sui social, mira a cancellare la coscienza e la dignità umana, a spegnere la speranza e a condannare la persona alla rassegnazione del “nulla mai cambierà”. Il nostro essere qui è segno di resistenza e desiderio di cambiamento», ha detto nell'atrio della parrocchia San Filippo Neri, l'arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi, che insieme al pastore della Chiesa palermitana, Corrado Lorefice, ha convocato, in questa veglia di preghiera e di impegno, la città, chiamata a dare una risposta alla brutale violenza che in pochi mesi, a Palermo e a Monreale, alle porte del capoluogo, ha provocato la morte di quattro giovani, a colpi d'arma da fuoco.«Siamo qui per mettere un segno - ha detto Lorefice - non bastano gli eserciti. Dobbiamo assumerci la sfida di essere villaggio educante, accanto soprattutto ai più fragili e nelle periferie».
Tra i presenti i genitori di Paolo Taormina, ucciso una settimana fa e i familiari di Sara Campanella, la studentessa ammazzata a Messina da un collega di corso, oltre alle istituzioni e ai vertici delle forze dell'ordine. Dallo Zen - Zona espansione nord - provenivano gli assassini, coetanei delle vittime. E davanti a questi palazzi e casermoni è stata proclamata la pagina evangelica delle Beatitudini. “In marcia”, è l'invito pressante dei vescovi, «camminiamo insieme». «Alcuni hanno detto “tanto è inutile” - incalza Isacchi - e sono rimasti chiusi nelle loro case e nelle loro cose. Qualcun altro ci guarda con aria di sufficienza e superiorità. Noi scegliamo di ascoltare la debole voce interiore che ci sussurra: “Dio è lì, steso a terra accanto a Paolo, Massimo, Andrea, Salvo, a tutti i nostri figli e amici, vittime di una insensata violenza armata”; è una voce che ci interpella chiedendoci di fare la nostra parte per fermare la violenza e restituire dignità a ogni persona e a ogni ambiente. Se non ci opponiamo alla violenza, lei cancellerà la nostra dignità».
Poi il riferimento all'attentato al giornalista di Report Sigfrido Ranucci: «È notizia di ieri: ancora una bomba - sottolinea il vescovo Gualtiero Isacchi - ha attentato la vita di un giornalista italiano e di sua figlia. Il problema non è lo Zen, non sono le vie della movida di Palermo o di Monreale; se ci occupassimo solo di questo avremmo fallito. Dobbiamo agire per costruire una cultura di pace e di fraternità partendo da Palermo, Monreale, dallo Zen e da tutte le periferie». Così questo popolo stasera radunatosi da tante parti allo Zen, vuole affermare, viene spiegato, che «la Città è degli uomini e delle donne di pace. Non degli assassini, degli spacciatori, dei violenti, dei ladri, dei mafiosi che uccidono gli innocenti. La Città è per chi vuole vivere nella pace, nella giustizia e nella fraternità. Nella Città umana, in ogni suo quartiere, piazza, strada e vicolo, nessuna persona deve essere condannata a sottostare alla cultura mafiosa, ma deve sentirsi parte di una comunità umana che accoglie, accompagna, sostiene e, se necessario, perdona. Questa è autentica umanità! Questo è il compito irrinunciabile della Chiesa e dei cristiani! È un cammino impegnativo che si costruisce con i piccoli passi di ciascuno, non bastano quelli delle istituzioni, servono anche i nostri». «In marcia», dunque, è l'invito: «Cari fratelli e sorelle che desiderate il bene! Camminiamo insieme! Non facciamoci scoraggiare. Ciascuno compia i passi che gli spettano nella direzione indicata dalle beatitudini, perchè la Bella Notizia di Cristo crocifisso e risorto trasformi il nostro modo di abitare la Città. Nessun dolore, nessuna lacrima e nemmeno la morte ci potranno separare dall'amore di Dio e dal suo Regno di giustizia e di pace».

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