giovedì 28 luglio 2011
Trovai un agente, corsi da lui e, col fiato in gola, gli domandai la strada. Sorridendo mi disse: «È da me che vuoi sapere la strada?». Gli risposi: «Sì, da solo non riesco a trovarla!». «Rinuncia, rinuncia!», disse voltandosi come quelli che ridono di nascosto.

Impressiona questo frammento che ho tratto da una novella del grande Kafka. La parabola è più che evidente. Da un lato, c'è l'uomo contemporaneo che si agita in un labirinto di idee, di voci, di sollecitazioni (“l'uomo labirintico” descritto da autori come Borges o registi come Robbe–Grillet). Cerca una via d'uscita, una rotta nel mare delle opinioni che forse Internet gli ha rivelato. È il moderno Ulisse che non ha alle spalle nessuna Itaca e, quindi, non sa dove volgere la prua della sua nave per trovare una meta. È l'uomo smarrito di oggi, che all'esterno ostenta sicurezza e certezza, mentre nell'anima è spaesato, stranito, senza bussola morale.
D'altro lato, ecco l'agente, colui che apparentemente conosce le strade e le rotte, che ha tra le mani una mappa. Eppure la sua è una risposta venata di ironia, come si intuisce in quel riso sommesso e malcelato. «Rinuncia, lascia perdere! Non c'è un senso della vita da cercare; nessuno è in grado di indicare una meta ove dirigersi per rifugiarsi e avere quiete e pace interiore». Il profeta Isaia, quando descrive il silenzio e il giudizio di Dio nei confronti del suo popolo, introduce la scomparsa dei profeti e l'assenza di maestri che sappiano guidare: «Guardai: non c'era nessuno capace di consigliare, nessuno da interrogare per avere una risposta» (41,28). Abbiamo oggi tracciato un panorama aspro ma realistico di una certa società contemporanea sulla quale dobbiamo riflettere. Un nostro poeta di valore, Giorgio Caproni (1912-1990), nella poesia dal titolo emblematico Bisogno di guida ripeteva: «M'ero sperso. Annaspavo. / Cercavo uno sfogo. / Chiesi a uno. “Non sono, / mi rispose, / del luogo”».
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