martedì 23 aprile 2019
È paradossale e allusivo, e come potrebbe non esserlo?, il modo in cui i Vangeli narrano la risurrezione. Sconcerta che nei discepoli non ci sia il credere immediato, che non prendano in considerazione le prove irrefutabili offerte o non ritengano incrollabili le prime testimonianze. La notizia della risurrezione è vissuta prima di tutto con sospetto, sfiducia, timore, distanza. La frase di Tommaso «se non vedo io non credo» è, in fondo, la posizione di tutti. La notizia circolava sottovoce, come un'ipotesi inquietante che ancora necessitava di essere verificata. Era certamente già arrivata agli orecchi dei due discepoli di Emmaus, che erano comunque pronti a lasciarsi tutto alle spalle e a dimenticare in fretta quella storia. L'annuncio della risurrezione, tuttavia, cresce. Pur senza credere alle donne, Pietro e Giovanni corrono al sepolcro. E Giovanni vede il silenzio dei segni e si ritira. I due discepoli in fuga riconoscono Gesù in una locanda lungo la strada, e ritornano a Gerusalemme. Il Risorto in persona va incontro a Pietro e ai discepoli attraversando le porte che essi avevano chiuso. E Gesù stende le mani ai dubbi di Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani». A poco a poco, è attorno a ciò che prima avevano dichiarato impossibile, che i discepoli di Gesù adesso si raccolgono e vivono.
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