Un granello di fede, per amare con passione

XXVII Domenica del Tempo ordinario - Anno C
October 1, 2025
Un granello di fede, per amare con passione
XXVII Domenica del Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Non c’è sensazione più vicina alla disperazione che quella del sentirsi inutili: la malinconia degli anziani soli, il tormento di un giovane che fatica a trovare il suo cammino, la struggente tristezza di un genitore quando i figli lasciano la casa, portano tutte incistate nel fondo una domanda esistenziale: «A chi, a cosa servo ancora?». Ma non è questo il senso con cui Gesù adopera oggi questo termine: servire, diceva don Tonino Bello, è voce del verbo amare. Chi ama non sente nessun peso, nessuna fatica, e niente è troppo gravoso: a chi ama basta leggere la felicità negli occhi dell’altro. E chi meglio di un Dio che alla fine della propria vita si cinse i fianchi e passò a lavare i piedi di chi, di lì a qualche ora, lo avrebbe tradito e rinnegato può dimostrare la bellezza di un servizio? Anche Lui semplicemente servo, solo un servo a cui brillano gli occhi. E ancora aggiungeva: «Sono stato in mezzo a voi come uno che serve», ridando onore e dignità alla dimensione del servire. Nasce allora spontanea una domanda: e se il servire fosse il senso, quello più vero e profondo del nostro vivere, proprio perché così strettamente collegato alla dimensione dell’amore? Chi ama è servo in-utile, cioè senza alcun tornaconto, senza guadagno. E sarebbe bello davvero essere «servi inutili» che cercano autenticità, che non hanno bisogno di consenso, né di applausi, capaci di lavorare per le cose che amano con piccoli granelli di fede. Fabrizio De André canta : «C’è chi l’amore lo fa per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione». Ci sono cose che si fanno solo per passione e per le quali non stiamo a contare le ore di fatica. Ci sono cose che dovrebbero appassionarci tanto da farci dimenticare il sudore, i graffi, la fame, i giudizi degli altri. Se è vero che siamo servi, vuol anche dire che siamo serviti a qualcosa e non importa cosa: dovrebbe bastarci solo la gioia. Quella gioia che nasce da una piccola fede, non più grande di un granellino di senape: poca roba, eppure capace di far volare alberi e piantarli nel mare, dotata di forza e leggerezza, di fare cose inimmaginabili. «Se solo aveste fede quanto un granellino di senape...» sembra quasi un sospiro, un sussulto di nostalgia per un sogno dove tutto, ma proprio tutto, è possibile.
(Letture: Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10) 

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