domenica 25 settembre 2005
Come dalla faccia pallida e azzurra del mare spuntano qua e là teste deformi di pescicani e tentacoli orrendi di polipi, così per le vie della città dalla lieta pace della vita ordinaria erompono a quando a quando improvvisi la violenza, la barbarie, il delitto, la morte, a rammentarci che sotto all'ordine e all'armonia apparente della civiltà infuria la lotta eterna delle passioni e delle inimicizie. È un'emozione difficile da descrivere, ma quando mi trovo di notte in una grande metropoli italiana o straniera e dalla finestra dell'albergo sento il respiro pesante della città, striato talora da suoni di sirene
lontane o da rumori più forti, vengo preso come da un senso di vertigine. È la sensazione di avere accanto un piccolo mondo di drammi, di miserie, di segreti, di sofferenze nascoste eppur reali. È ciò che evoca nel brano sopra citato anche uno scrittore dominante nell'adolescenza di molti lettori, quell'Edmondo De Amicis che qui ci parla da una sua opera meno nota rispetto al celebre Cuore, ossia La carrozza di tutti (1899). Certo, si può essere indifferenti o distratti, ma accanto a noi si consumano ogni giorno tragedie: anziani soli che muoiono e il cui cadavere è scoperto settimane dopo dai vicini solo a causa del fetore; genitori drogati che fanno penare nella fame e nella sporcizia i loro piccoli; violenze familiari di ogni genere e miserie morali insospettabili" L'elenco potrebbe continuare e disegnare i «tentacoli orrendi» del male che attanagliano le nostre città o paesi. Certo, non possiamo sanare ogni dolore o disperazione. Ma troppo spesso la porta blindata che tutela la nostra sicurezza ci rende coriacei e insensibili a ogni altra sofferenza, anche a quella che esplode nell'appartamento vicino.
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