Szymborska disintossica dall'idea che si sappia già cos'è la poesia
sabato 4 aprile 2009
Ricordo bene il giorno in cui Wislawa Szymborska ricevette il premio Nobel per la letteratura. Era il 3 ottobre 1996, mi trovavo alla Fiera del libro di Francoforte e nessuno di noi italiani sapeva niente di questa poetessa polacca, nessuno era in grado di pronunciarne per intero e correttamente il nome. Pochi mesi prima, all'inizio di quello stesso anno, era uscita nelle edizioni di Vanni Scheiwiller la raccolta poetica Gente sul ponte tradotta da Pietro Marchesani, eccellente e fedele curatore fino a oggi delle opere di Szymborska, sia per Scheiwiller che per Adelphi. Quel libro, che prima dell'assegnazione del Nobel, era rimasto per lo più ignorato, ricompare ora a ricordarci due cose: i meriti di Vanni Scheiwiller per la conoscenza in Italia della cultura polacca e il fatto che Wislawa Szymborska, allora sconosciuta, è oggi il poeta straniero più letto e amato in Italia. È venuta spesso a leggere da noi le sue poesie: ero presente a Roma, a Siena, a Pisa, qualche giorno fa a Bologna, e ogni volta questa sparuta, mobile e vivida ottantenne ha ipnotizzato un pubblico di parecchie centinaia di persone. A Bologna, l'ultima volta, erano un migliaio. Non si tratta di mitologia mediatica, né del feticismo per una star. Il solo carisma della Szymborska viene dai versi che legge, dalla simpatia e dall'intelligenza comunicativa, dialettica, umoristica e moderatamente teatrale dei suoi versi. La Szymborska parla di tutto ciò che possiamo vedere e pensare. Muove pensieri e parole soffiando via da loro tutta la polvere della noia. Usa frasi e strofe per trasformare quello che non sapevamo di sapere in un'eccitante scoperta fatta esattamente ora. In Italia una poesia di questo tipo non l'abbiamo avuta. Non c'è aura poetica. Semplicemente quell'intensa, scherzosa e assolutamente seria energia mentale dell'essere presenti a se stessi nel luogo e nel tempo. Le poesie della Szymborska purificano il sistema nervoso. Disintossicano dall'idea che la poesia sia qualcosa che si sa già che cos'è.
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