sabato 11 aprile 2020
Una Settimana Santa nuda come mai prima. Spogliata di tutto, completamente. Niente palme agitate, domenica scorsa, né rami d'ulivo. Niente lavanda dei piedi. Niente processioni, né visite ai sepolcri, niente vie crucis. E stanotte le veglie pasquali saranno deserte, così come lo saranno domani le Messe. Solo le campane, e saremo in tanti a sentirle, ci diranno che il Signore è risorto. È vero, chi ha voluto e vorrà ha potuto, e potrà, seguire i riti in diretta televisiva o in streaming. E le celebrazioni domestiche proposte dai vescovi italiani ci saranno state in diverse case. Ma non è la stessa cosa.
La pandemia che ha rovesciato le nostre abitudini ha rimescolato anche le carte della Pasqua. Tutto sospeso, come sospese ci sembrano le nostre vite, mentre aspettiamo di ritornare a una normalità che, ogni giorno che passa ci sembra allontanarsi. Ma «per liberarci dai pregiudizi su Dio - ci ha detto mercoledì scorso Francesco durante la catechesi, anch'essa deserta come previsto, dell'udienza generale - guardiamo il Crocifisso, e poi apriamo il Vangelo: in questi giorni, tutti in quarantena a casa chiusi, prendiamo queste due cose in mano. Il crocifisso e il Vangelo, questa sarà per noi come, diciamo così, una grande liturgia domestica, perché non possiamo andare in chiesa in questi giorni: crocifisso e Vangelo».
Il «pregiudizio su Dio» di cui ha parlato il Papa è quello che ci fa sentire abbandonati quando Dio ci sembra distante, o perfino cattivo, dispettoso, sordo, distante. Perché, come ha detto ancora Francesco, «in queste settimane di apprensione per la pandemia che sta facendo soffrire il mondo, tra le tante domande che ci facciamo, possono essercene anche su Dio: che cosa fa davanti al nostro dolore? Dov'è quando va tutto storto? Perché non ci risolve in fretta i problemi? Sono domande che noi facciamo su Dio». Domande che tutti ci facciamo, ha spiegato papa Bergoglio, «di solito noi proiettiamo in Lui quello che siamo, alla massima potenza: il nostro successo, il nostro senso di giustizia, e anche il nostro sdegno. Però il Vangelo ci dice che Dio non è così. È diverso e non potevamo conoscerlo con le nostre forze. Per questo si è fatto vicino, ci è venuto incontro e proprio a Pasqua si è rivelato completamente. Dove? Sulla croce. Lì impariamo i tratti del volto di Dio. Non dimentichiamo fratelli e sorelle che la croce - ha scandito il Papa - è la cattedra di Dio. Ci farà bene stare a guardare il Crocifisso in silenzio e vedere chi è il nostro Signore».
È un invito a riscoprire quella dimensione imprescindibile che Giovanni Paolo II chiamava Chiesa domestica, e che fa della famiglia uno scrigno capace di conservare e trasmettere la fede, custodirla come un tesoro prezioso. Una dimensione che ci pone davanti a Dio senza pregiudizi, sapendo che Lui è solo capace d'amore. E che ci fa capire quello che mercoledì è stato l'invito conclusivo di Francesco: «Apriamogli tutto il cuore nella preghiera… Questa settimana, questi giorni, col crocifisso e il Vangelo: non dimenticatevi, crocifisso e vangelo, la liturgia domestica sarà quella. Lasciamo che il suo sguardo si posi su di noi. Capiremo che non siamo soli, ma amati, perché il Signore non ci abbandona e non si dimentica di noi, mai. E con questi pensieri vi auguro una santa settimana e una santa Pasqua». L'una e l'altra nude come mai. A noi rivestirle di senso, davanti al crocifisso e al Vangelo, nelle nostre case.
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