sabato 28 maggio 2005
Fatto venire avanti Emerito, il proconsole gli chiese: «Nella tua casa si sono tenute le assemblee proibite dall'editto imperiale?». Emerito, mosso dallo Spirito Santo, gli rispose: «Nella mia casa abbiamo celebrato la pasqua domenicale». Quegli replicò: «Perché davi il permesso di entrare da te? Proibirlo sarebbe stato tuo dovere». Ma lui: «Non potevo, perché senza la pasqua domenicale non possiamo vivere».
Domani a Bari si concluderà il Congresso eucaristico nazionale che è stato posto all'insegna di questa frase: "Senza la domenica non possiamo vivere". Essa fu pronunciata dai martiri cristiani della città di Abitene, nell'attuale Tunisia, di fronte al proconsole romano che controllava l'osservanza delle leggi anticristiane dell'imperatore Diocleziano (IV sec.). La dichiarazione formulata da uno dei maggiorenti cristiani, Emerito, è suggestiva nella sua icasticità: la «pasqua domenicale» è una sorgente di vita attraverso l'eucaristia; privarsene vuol dire morire, semplicemente non esistere.È come troncare un canale di alimentazione spirituale. Questa risposta impressiona se si considera l'odierna situazione dei cristiani. Spesso la «pasqua domenicale» si riduce a un'osservanza sbrigata con celerità, incapace di smuovere lo spirito e di fecondare l'esistenza settimanale. Per molti, poi, il giorno del Signore - tale è appunto il valore della parola "domenica" - è stato sostituito dal semplice "week-end", il rito liturgico ha come alternativa la partita di calcio, il riposo riflessivo è la gita, al canto orante subentra la discoteca. È necessario, allora, far risuonare in tutta la sua forza la confessione di Emerito: senza un'immersione in Dio, noi non possiamo vivere e agire in modo autentico.
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