Sclerocardia
giovedì 27 febbraio 2025
“Sclerocardia”: quando si mantiene il termine greco con cui il Vangelo indica la durezza di cuore, questa suona come una malattia grave. A giusta ragione: secondo Gesù, niente chiude alla salvezza, nulla rende impermeabile alla felicità come questa sclerosi del cuore che sempre ci minaccia. È quanto insegnava già il libro dei Proverbi: «Beato l’uomo che resta vulnerabile! Chi indurisce il suo cuore cadrà nella sventura!» (Pr 28,14). Sono tante le ragioni che ci fanno indurire il cuore: abbiamo sofferto già abbastanza per tradimenti, indifferenza, cattiverie, e, preferendo evitare di ricominciare, mettiamo il nostro cuore al riparo. Ma c’è un solo modo di essere assolutamente certi che il nostro cuore non verrà più ferito o maltrattato, ed è di non amare più: amare è sempre prendere un rischio. Mettersi al riparo totalmente, in un isolamento scelto e accettato per l’eternità, ha, nella teologia cattolica, un termine tecnico: è precisamente quello che si chiama inferno. Noi non abbiamo la scelta tra il rischio e la sicurezza, ma tra la vulnerabilità e l’inferno – che non è una punizione voluta da un Dio malvagio, ma la conseguenza stessa della nostra sclerocardia. Se Gesù mostra instancabilmente il suo amore per i più deboli, è appunto per invitarci a imitarlo, a prenderci cura anche di quello che in noi c’è di vulnerabile, a non averne più paura: perché è unicamente in questa fragilità che può nascere la nostra felicità. © riproduzione riservata
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