venerdì 9 gennaio 2004
Quante sciocchezze si scrivono! Quante sciocchezze si pensano! Cosa ce ne faremo di tutte queste sciocchezze? Mica possiamo semplicemente mandarle giù e dimenticare! Sto leggendo gli appunti del 1992-93 di Elias Canetti, il famoso scrittore di matrice ebraica nato in Bulgaria nel 1905, Nobel per la letteratura nel 1981 e morto nel 1994. Li ha pubblicati Adelphi sotto il titolo Un regno di matite. Sono tanti i segni che ormai costellano le pagine mentre avanzo nella lettura: i pensieri sono spesso folgoranti («Non legge nulla, ma come lo loda!»), altre volte più articolati, sempre provocatori («Conversazione tra amici: ciascuno racconta di tutto quello che agli altri non interessa»). Ho scelto un appunto sulle sciocchezze pensate, dette e scritte, una vera e proprio valanga che ogni giorno inonda cervelli, parole, giornali e libri. Il risultato di questo continuo ingurgitare stupidità prima o poi si fa sentire perché - come osserva Canetti - «non possiamo semplicemente
mandare giù e dimenticare». Le sciocchezze come le volgarità lentamente irradiano l'anima e la mente e ci trasformano.
Nella Bibbia si dice che chi adora l'idolo diventa simile ad esso, inerte, muto, altezzoso e sostanzialmente inutile. Dobbiamo, perciò, non sottovalutare la forza insita alla sciocchezza; essa ha una sua energia che si diffonde e si ramifica e non ci si deve illudere di esserne immuni e vaccinati. Anche persone di qualità, abituate ad assorbire vacuità e banalità ogni giorno, alla fine ne restano contaminate. L'ascesi, l'esercizio morale, l'esame di coscienza sono dunque necessari, anche se faticosi e sbeffeggiati dagli sciocchi.
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