giovedì 23 luglio 2015


Erano darwinisti anche gli antichi sumeri, visto che, nell'epopea di Gilgamesh, il mostro scimmiesco Enduki, diventa uomo grazie a un pasto a base di pane e birra. La birra ha, in effetti, una storia gloriosa e non sono rare le leggende e gli episodi che la collegano al divino. A differenza del frumento, simbolo di fertilità, l'orzo è sempre stato direttamente collegato con le realtà divine e spirituali. La birra dunque, alimento dorato, quasi una bevanda degli dei ottenuta dalla fermentazione dei semi d'orzo, ha assunto il ruolo, nell'immaginario dei popoli, di bevanda sacra che apre la mente alle cose divine. Contro la visione di una Chiesa oscurantista e chiusa ai piaceri della tavola s'impone una storia antica che ha fatto della birra una delle bevande più fabbricate nell'Europa cristiana. Nei luoghi dove la vite difficilmente cresce, per climi e altitudini, ecco che la birra occupò un posto d'onore. Non sono pochi i santi e i monaci che si resero famosi grazie al loro rapporto con questa bevanda. Mi piace pensare a Santa Brigida, non quella di Svezia patrona d'Europa, ma quella di Kildare, in Irlanda, la quale, come attesta il Breviario di Aberdeen, fece spillare «birra da un solo barile per diciotto chiese, in quantità tale che bastò dal Giovedì Santo alla fine del tempo pasquale». Nella nostra Italia, a Trescore, dove il Lotto a servizio dei Suardi affrescò una delle cappelle più simboliche nel panorama cinquecentesco, un affresco raffigura la Santa che compie vari miracoli. In primo piano Santa Brigida benedice dei pani e due barili di acqua che, sotto lo sguardo attonito della fanciulla che li reca, diventano birra.
Questo novello miracolo di Cana rimase così impresso nella mente degli Irlandesi che una benedizione, attribuita alla Badessa, recita così:«Vorrei un lago di birra per il Re dei Re. Vorrei che la famiglia celeste fosse qui a berne per l’eternità. Vorrei che ci fosse allegria nel berne. Vorrei anche Gesù qui». Molti monaci consacrarono la loro vita alla fabbricazione della birra che assunse appunto il ruolo simbolico di bevanda che conduce a pensieri alti, rendendo l'uomo più sensibile al mistero.
Dietro alcune nature morte in cui compare la birra, sorte soprattutto in ambito olandese, vi sono insegnamenti di natura morale. In questa natura morta di Jan Jansz van de Velde, ad esempio, un boccale di birra, altissimo, sovrasta su altri elementi estremamente simbolici. Vino, carte e pipa, alludono alla vita consumata dentro vizi e giochi d’azzardo, mentre le lenticchie simboleggiano la fortuna che può arridere a persone che si consegnano a un siffatto modus vivendi. Una corda bruciata, però, accanto alle nocciole, suona come monito, invitando a verificare la fragilità di tali fortune. Le nocciole poi, sono un antico simbolo di saggezza e di preveggenza rispetto alle scelte della vita. Quindi il bicchiere di birra che si eleva sopra tutto invita a puntare lo sguardo su valori più alti, a orientare bene le scelte anche nei momenti di svago, senza abbandonarsi a piaceri facili e fallimentari.
Volesse il Cielo che anche i nostri contemporanei, in questo tempo vacanziero, voraci consumatori di birra, potessero, attraverso questa bevanda, diventare più spirituali. Sette boccali hanno reso umana la scimmia Enduki, possano altrettanti bicchieri di birra restituire all’uomo postcontemporaneo quell’anima spirituale che sembra aver perduto, donandogli di scorgere nelle cose della terra il legame profondo con il Signore del Cielo.
ImmaginiLorenzo Lotto, Cappella Suardi, 1524, Storie di Santa Brigida. Affresco della parete destra (sud) Trescore Bergamo Jan Jansz van de Velde III Natura morta con pipa bianca e birra 1653 olio su tela cm 43,3 x 40,5 Ashmolean Museo di Arte e Archeologia Università di Oxford
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