venerdì 14 giugno 2019
Giuliana Zagra è un'esperta di archivi e di sistemazione di biblioteche e ha operato a lungo a Roma nella sede centrale della Biblioteca nazionale col compito, tra tanti altri, di ordinare le carte di Elsa Morante donate alla Biblioteca dagli eredi, che erano Carlo Cecchi, il nipote Daniele Morante e Tonino Ricchezza, il più povero dei suoi amici, precocemente scomparso. Avrei dovuto essere anch'io uno di loro, ma Elsa si arrabbiò con me, come accadde qualche altra volta, ma accadde anche, talvolta, che fossi io ad arrabbiarmi con lei... Mi cancellò dalla lista degli eredi dicendo che, con quei soldi, io ci avrei fondato un partito! Replicai: tutt'al più una rivista, ma non valse e, onestamente, non ci tenevo... Ma la mia colpa era grave, e mi pesò: aver detto o scritto che tra la figura di un militante rivoluzionario pulito e conseguente (erano i primi anni settanta, e il clima era infuocato) e quella di un poeta pur grande io avrei scelto la prima, e questo lei lo giudicò imperdonabile, perché considerava i poeti (in un'accezione in verità ampia, si veda la Canzone dei Felici Pochi) il sale della terra, i sacerdoti del "vero", della "vera realtà", coloro che nobilitavano, anche se non la giustificavano, la storia... Ma torniamo a Zagra e al libro edito da Carocci (in copertina una splendida fotografia di Elsa alla sua scrivania) con il titolo La tela favolosa. Ma tanto il titolo è adeguato al saggio che contiene, tanto il sottotitolo è limitante: Carte e libri sulla scrivania di Elsa Morante (pagine 134, con un vivace inserto fotografico, euro 16). Dice qualcosa di ben più importante, questo libro, che va ad aggiungersi più che degnamente a una bibliografia morantiana già vasta e destinata nel tempo ad allungarsi sempre di più per la statura di "classico" che questa scrittrice ha ormai assunto nella coscienza di tutti, perfino dei professori universitari... Mi ha appassionato in particolare, del saggio, il capitolo su un ambizioso romanzo incompiuto di Elsa, Senza i conforti della religione, di cui molto è confluito più tardi in La Storia e probabilmente anche in Aracoeli. «Pagine tagliate, riscritture, parole nascoste» popolano i materiali che Zagra ha potuto esaminare e studiare: personaggi pensati per una storia che finiscono in un'altra, appunti e considerazioni ampi ed esigenti che sembrano datare le sue esperienze e i suoi umori, anche oltre le sue invenzioni. Per chi ama l'opera di Elsa Morante e considera l'autrice tra i massimi scrittori italiani di tutti i tempi e, va da sé, tra i maggiori del Novecento, il saggio di Giuliana Zagra è un dono inaspettato, delle note, dei messaggi che ci ha inviati con i suoi appunti Morante stessa, e non solo perché la si ricordi, anche per farci ancora capire cosa distingue la grande letteratura - vocazione e missione, e passione e fatica, e partecipazione e dolore e non solo gioia e pienezza - da quella dei professionisti e dei velleitari della scrittura. Cosa distingue, come amava dire, gli scrittori dagli scriventi.
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