giovedì 4 novembre 2004
 Compiango gli uomini che si lamentano della caducità delle cose e si perdono nella contemplazione della nullità di questo mondo. Siamo qui proprio per rendere imperituro ciò che è perituro. E ciò può avvenire soltanto se si sanno valutare entrambe le cose.Ecco davanti a noi ancora una volta la voce del grande Goethe con una delle sue Massime e riflessioni. L"esperienza del limite e della caducità è certamente necessaria, proprio per costruire una vera gerarchia dei valori. È quello che, purtroppo, non siamo più capaci di fare ai nostri giorni, avendo sovvertito la realtà: la vanità è elevata a gloria, il successo è misura di tutto, il benessere materiale è l"unica meta verso cui tendere. Non siamo più capaci - per usare l"espressione del celebre poeta - di «valutare le cose», distinguendo tra ciò che è fragile e inconsistente e ciò che è perenne e permanente.Ma Goethe va oltre e, con un"intuizione che è profondamente religiosa (e soprattutto cristiana), afferma che noi «siamo qui per rendere imperituro ciò che è perituro». Noi possiamo, attraverso la verità, l"amore, la giustizia, la virtù, dare spessore di eternità a ciò che è caduco. Sono quei tesori che non possono essere scassinati o corrotti da agenti esterni, ai quali faceva cenno Gesù (Matteo 6, 19-20). Oggi celebriamo la memoria di s. Carlo Borromeo: egli è stato l"emblema di una coscienza severa nei confronti della fugacità e della labilità delle realtà terrene ma è stato anche un fervido sostenitore della forza trasfiguratrice e trasformatrice del bene, capace di rendere imperituri i nostri giorni, i nostri atti, la nostra esistenza.
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