domenica 21 gennaio 2007
I veri viaggi di esplorazione non consistono nello scoprire nuovi paesaggi, ma nell'avere occhi nuovi. C'è una canzone di Claudio Baglioni - che ho già avuto occasione in passato di citare - contenente questa frase: «A volte, più che di un mondo nuovo, c'è bisogno di occhi nuovi per guardare il mondo». Questa stessa idea affiorava già in una pagina di quel grande e fluviale romanziere che è stato Marcel Proust (1871-1922) con le parole sopra evocate. L'intuizione è felice: le meraviglie nel mondo sono tante, ma ci vuole la meraviglia dell'uomo, cioè la sua capacità di vedere e di stupirsi, per scoprirle. Ci sono torme di viaggiatori che girano il mondo con l'obbiettivo fotografico incollato all'occhio per riprendere ogni cosa e che ritornano senza aver ammirato e capito nulla delle loro esplorazioni in orizzonti nuovi. Così accade anche per la vita. Se hai l'occhio superficiale (ed è naturalmente la vista della mente e del cuore ad essere in causa), trovi attorno a te solo cose e fatti da possedere e attraversare. Se, invece, sai penetrare con lo sguardo in profondità, ecco che si aprono davanti a te tanti segreti e misteri, tante bellezze e sorprese. Anzi, talvolta quella felicità che amorosamente cerchi e che consideri come impossibile, alla fine, è proprio a portata di mano, svoltato l'angolo, nella quotidianità, negli eventi e nelle persone che forse i tuoi occhi superficiali non vedono. C'è una bella frase di Gesù che afferma: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono» (Matteo 13, 16). Saper vedere - e non guardare soltanto - è un'arte, anzi, è una scelta della mente e della volontà ed è questo che dà colore e senso alla vita.
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