martedì 4 maggio 2004
L'ambizione ha occhi di bronzo, che mai il sentimento riesce a inumidireSiamo soliti usare l'espressione "faccia di bronzo" per rappresentare una persona impudente e arrogante: nessuna contrazione facciale permette di intuire l'ipocrisia certa del suo comportamento. In una vasta raccolta delle opere del poeta tedesco Friedrich Schiller (1759-1805) - sì, quello del Don Carlos, del Guglielmo Tell e dell'Inno alla gioia della "Nona sinfonia" di Beethoven - mi imbatto in un'opera minore intitolata Fiesco e, per caso, l'attenzione mi cade sull'immagine dell'ambizione sopra citata. Qui di bronzo sono gli occhi e il tocco è particolarmente felice nell'aggiunta delle lacrime impossibili a scorrere da quelle superfici fredde e cieche.
Possiamo anche attribuire una qualche funzione all'ambizione, ma solo quando ne rimane un pizzico, simile a una spezia: può essere un incentivo a non impigrirsi, a realizzare le proprie capacità, a stimolare le risorse nascoste. Detto questo, bisogna però condividere subito l'osservazione di Schiller: l'ambizioso che ha lasciato spazio alla sua passione non conosce più sentimento, calpesta implacabilmente tutti e tutto per la carriera e per il successo. Un altro grande scrittore come Tolstoj nel suo scritto Il regno di Dio è in voi giustamente osservava che «l'ambizione non può permettersi di accordarsi con la bontà; essa s'accorda solo con l'orgoglio, l'astuzia e la crudeltà». Proprio per questo è necessario tener a freno questa belva interiore che forse sonnecchia in noi, prima che inizi a divorare sentimenti, valori, dignità e ci riduca ad essere dure facce con occhi di bronzo.
TORNA ALLA HOME
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: