sabato 9 novembre 2019
Napoli, via Caracciolo. Sto aspettando un taxi sotto un regolamentare cartello “Taxi”. Niente. Tento con il radiotaxi: sì, ciao. C'è un signore, suppongo il portiere del bel palazzo che ho alle spalle, che mi fa compagnia. Sfumacchia, saluta i passanti, mi tiene d'occhio: è mezz'ora che sto lì. Garbatamente si avvicina: «Signora, permettete?». Lo guardo interrogativa. «Vi vedo che aspettate. Ma è finto». «Finto cosa?». «Il cartello dei taxi». Mentre mi indica la strada per raggiungere a piedi Mergellina, dove una macchina - forse - potrei trovarla, la mia mente è già in viaggio nel meraviglioso psichedelico mondo in cui i cartelli “Taxi” possono essere finti, e forse un Bianconiglio-Pulcinella sta per sbucare dall'angolo con via Pergolesi. Tutto questo deve avere un senso, sono certa che ce l'ha, ma da sola non ci arriverò mai. Parlando di Napoli con Antonio Ghirelli, Pier Paolo Pasolini disse che «i napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità... Questo rifiuto, questa negazione alla storia, è giusto, è sacrosanto… I napoletani hanno deciso di estinguersi restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili». Napoli è.
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